Consip, «Woodcock non suggerì a Vannoni il nome di Matteo Renzi»

Il pm di Napoli John Woodcock
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Giovedì 19 Aprile 2018, 23:15
Un punto a favore della strategia difensiva, durante il processo disciplinare in corso al Csm. Né il pm di Napoli Henry John Woodcock, né la collega Celestina Carrano che con lui condivideva la titolarità dell'indagine sulla Consip e neppure gli ufficiali di polizia giudiziaria che collaboravano con loro, fecero pressioni indebite sull'ex consigliere di Palazzo Chigi e presidente di Publiacqua Filippo Vannoni, perché rivelasse chi gli aveva detto che c'era un'inchiesta sulla Centrale unica d'acquisti della Pubblica amministrazione. E nessuno di loro suggerì a Vannoni, che era stato convocato come testimone, di fare il nome dell'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi.

È il succo della deposizione resa da uno degli ufficiali che partecipò a quell'interrogatorio, il capitano Sebastiano Di Giovanni del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza, alla Sezione disciplinare del Csm, davanti alla quale i due pm napoletani devono difendersi dall'accusa di aver violato i diritti di difesa del presidente di Publiacqua. Vannoni venne convocato da Woodcock e Carrano il 21 dicembre del 2016; cioè il giorno dopo che l'allora amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, aveva fatto mettere a verbale ai magistrati di aver saputo proprio da lui, dal ministro dello Sport Luca Lotti (che appena 10 giorni fa ha ribadito la sua totale estranietà) e dal generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, che c'era un'indagine in corso. «Effettivamente fu Lotti a dire che c'era un'indagine su Consip, dicendo di stare attento», dichiarò Vannoni ai pm, dopo aver sentito il contenuto di quella deposizione. E aggiunse: «ricordo che Matteo Renzi mi diceva solo di stare attento a Consip».

Una frase richiamata nel procedimento disciplinare dal Pg della Cassazione Mario Fresa, che ha chiesto al testimone se il nome dell'allora presidente del Consiglio fu fatto spontaneamente da Vannoni e come mai avesse parlato di lui, visto che nessuno lo aveva chiamato in causa. «Non lo so - è stata la risposta del capitano Di Giovanni - Fu Vannoni a nominare Renzi, nessuno si permise di suggerire nomi». L'ex consigliere di Palazzo Chigi venne richiamato a dire la verità, ma non subì nessun minaccia, ha assicurato il finanziere, che ha definito «assolutamente falsa» la ricostruzione fatta da Vannoni ai pm romani, quando l'inchiesta Consip è stata trasmessa alla procura della capitale. A cominciare dalla circostanza che Woodcock gli avrebbe fatto vedere dalla finestra il carcere di Poggioreale per chiedergli se volesse andarvi in vacanza: il magistrato napoletano «non si è mai permesso di fare una battuta del genere né con lui, né con altri testimoni; è sempre stato rispettosissimo con tutti».

Il capitano della Gdf ha anche escluso che, come riferito da Vannoni, Woodcock e Carrano lasciarono che a condurre l'interrogatorio fossero gli ufficiali di Pg, a partire dall'allora capitano Gianpaolo Scafarto, in seguito finito sotto inchiesta a Roma. «Le domande venivano dai due magistrati, all'80% da Woodcock.
Noi ufficiali di Pg siamo stati al posto nostro e credo che solo il capitano Scafarto abbia interagito brevemente, ma mai con domande dirette al testimone». Totalmente inventata, secondo il testimone, anche la circostanza che a Vannoni furono mostrati dei fili facendogli intendere che erano microspie: «in quella stanza non c'erano fili». Falso anche che Woodcock fumasse a breve distanza dal testimone, descritto da Di Giovanni come «inspiegabilmente agitato». Una circostanza confermata al Csm anche da un assistente di polizia penitenziaria in servizio in procura, che ha smentito pure che a Vannoni fu fatta fare una lunga anticamera prima della deposizione. Altri testimoni saranno sentiti dalla Sezione disciplinare il 19 maggio prossimo e poi si passerà alla requisitoria del Pg.
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