​Valeria Fedeli: l’importanza di essere a Colonia

di Valeria Fedeli*
3 Minuti di Lettura
Martedì 2 Febbraio 2016, 10:11 - Ultimo aggiornamento: 10:21
Da anni in tante siamo impegnate sul fronte dell’uguaglianza di genere, della lotta alle discriminazioni, della cancellazione della violenza sulle donne.

Per tutte noi l’inizio dell’anno, con le notizie che arrivavano della Germania, e da Colonia in particolare, è stato uno shock: le decine o centinaia di donne vittime di aggressioni e molestie sessuali compiute da uomini di varie origini, segnalati in generale come nordafricani e arabi, nella notte di Capodanno, hanno segnato le coscienze ed il dibattito pubblico.

Ci sono state prese di posizione serie, che ho condiviso da subito, perché hanno messo al centro la difesa della libertà delle donne, ma anche molte strumentalizzazioni, in cui il dovere di accoglienza verso i rifugiati è stato confuso con la tolleranza verso costumi e atteggiamenti improntati alla misoginia e al sessismo.

Io credo che le strumentalizzazioni si debbano smascherare e respingere, ma anche che il principio dell’inviolabilità del corpo delle donne, della piena autodeterminazione femminile, non debba mai, in nessun frangente, essere messo in discussione, difeso con meno fermezza o subordinato ad altri fini, fosse pure quello della convivenza tra culture differenti.

Non c’è antirazzismo vero che non sia anche antisessista. E non ci possono essere accoglienza e integrazione se non si parte dal rispetto dei diritti, delle libertà, delle leggi che via via si sono affermate nelle nostre comunità, grazie a non poche battaglie.

Andare a Colonia il 4/5 Febbraio è un atto di europeismo forte, vuol dire andare a difendere nello stesso tempo i valori dell’accoglienza, della tolleranza e del rispetto , che fanno del nostro continente un faro di civiltà, ma vuol dire anche chiedere che i temi posti dall’immigrazione, dal mescolarsi di culture spesso molto diverse, da forme ed equilibri di convivenza che dobbiamo costruire giorno dopo giorno, non vengano espulsi dall’agenda politica una volta spentisi i riflettori su quelle violenze.

L’Europa che vogliamo, un’Europa di donne e di uomini fondata sull’uguaglianza di genere e libera dalla violenza, non può contenere al suo interno zone franche, aree di non interferenza dove la violazione dei diritti delle donne sia tollerata , perché è ormai chiaro e universalmente riconosciuto che questa rappresenta una violazione dei diritti umani, come codificato dalle convenzioni internazionali, in ultimo da quella di Istanbul che il Parlamento italiano ha ratificato all'inizio di questa legislatura.

È compito della politica, quindi, dal livello locale a quello nazionale e sovranazionale, garantire la sicurezza, i diritti, la libertà di tutte e di tutti. E questo significa anche fare del rispetto delle donne il principio cardine delle politiche di accoglienza e integrazione di migranti e rifugiati.

Quando sentiamo dire che la cultura degli immigrati non è compatibile con la nostra, dobbiamo ricordare che dietro le conquiste delle donne europee ci sono anni di lotta contro la cultura patriarcale, lotte che, anche in alcuni paesi musulmani, stanno portando le donne ad avere un ruolo sempre più forte anche nella vita pubblica.

Sarebbe importante, quindi, che ci fossero donne e uomini di ogni provenienza e religione, insieme. Perché la libertà delle donne riguarda tutte e tutti, i tedeschi, gli italiani, i francesi, noi europei tutti e insieme coloro che hanno scelto e scelgono di vivere tra noi rispettando le nostre leggi, le Costituzioni ed i diritti umani.


*vicepresidente vicario del Senato
© RIPRODUZIONE RISERVATA