Berlusconi, gli azzurri temono l’arresto. «Ma il Colle ci ha rassicurato»

Daniela Santanchè
di Marco Conti
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Venerdì 29 Novembre 2013, 10:34 - Ultimo aggiornamento: 10:35
Da informazioni che abbiamo raccolto un’ipotesi da escludere. Così ieri pomeriggio il pattuglione azzurro, ricevuto al Quirinale, sarebbe stato rassicurato dal Capo dello Stato sulla possibilità che Berlusconi venga arrestato. Un’ipotesi che non fa dormire sonni tranquilli al Cavaliere ormai senza scudo parlamentare e che i capigruppo di Camera e Senato di Forza Italia, hanno sottoposto al presidente della Repubblica ricevendone la risposta di cui sopra che, qualche ora dopo, è stata così raccontata al Cavaliere.



DISGELO

Più che una delegazione di partito quella che ha varcato ieri pomeriggio il portone del Quirinale sembrava una gita scolastica. In tutto una decina di forzisti se si contano il capogruppo del Senato Paolo Romani, quello della Camera, le due vicepresidenti Bernini e Gelmini, gli ex ministri Matteoli, Nitto Palma, Gasparri, Galan e il vicepresidente della Camera Baldelli. Un’ora e mezza di incontro durante il quale Napolitano avrebbe manifestato «comprensione» e «vicinanza» per il «momento particolare» che sta vivendo il partito dopo la decadenza del suo leader dal Parlamento. Non un riferimento diretto del Presidente a Berlusconi, ma sicuramente un segnale di disgelo dopo le bordate dei giorni scorsi e gli affondi del giornale di famiglia. Il motivo ufficiale della visita è stato però quello della necessità, manifestata già ieri l’altro da molti esponenti di Forza Italia, di un passaggio del governo in Parlamento «che segni la discontinuità politica tra il governo delle larghe intese e il governo che ha ricevuto la fiducia sulla legge di Stabilità».



E’ toccato a Romani ricordare che la vecchia maggioranza si reggeva su due pilastri, quello economico e quello delle riforme istituzionali, e che «su tutti e due Forza Italia si tira indietro». «Già lo abbiamo fatto al momento del voto della legge di stabilità» e «così faremo anche sulle riforme istituzionali» se il governo dovesse insistere. Un «no» secco a tutto tondo, quello pronunciato dalla delegazione azzurra, che comunque non ha impedito a Napolitano di ricordare che «occorre comunque cambiare la legge elettorale». Alla presenza del segretario generale del Quirinale Donato Marra, Napolitano ha a lungo insistito sulla necessità di modificare il Porcellum ricevendo dagli azzurri presenti una cauta disponibilità a discutere di una legge che conservi comunque un impianto maggioritario e a patto che «il governo non faccia forzature usando lo strumento del decreto che è anticostituzionale».



SCETTICI

All’uscita dal Quirinale - per il primo incontro senza Gianni Letta - non tutti i componenti della delegazione azzurra erano soddisfatti. «Abbiamo segnato un punto», sostenevano i più ottimisti mentre gli scettici non hanno fatto a meno di notare che «senza una crisi formale con tanto di dimissioni di Letta, rischiamo di aiutare il governo facendolo uscire rafforzato dal voto parlamentare».



Letta e Napolitano si incontreranno lunedì per discutere delle modalità del passaggio parlamentare che avverrà comunque dopo l’8 dicembre, giorno della più che probabile incoronazione di Renzi a segretario del Pd. Gli azzurri contano molto sulle mosse del sindaco di Firenze che, a loro dire, non potrà assecondare più di tanto le richieste del partito di Alfano che potrebbe accontentarsi di una riforma costituzionale della giustizia che alla fine non vedrà mai la luce. «Se il Pd lo chiederà saranno pronti anche a votare il ripristino di soviet», sostiene il senatore di FI Minzolini, mentre più pacatamente Osvaldo Napoli chiede ad Alfano «di battere un colpo». Un modo per non spezzare il filo con «i cugini». Proprio ciò che preoccupa Letta.
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