Usa, i "Fido" del servizio segreto: un corpo militare canino in difesa del presidente

Usa, i "Fido" del servizio segreto: un corpo militare canino in difesa del presidente
di Anna Guaita
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Lunedì 9 Gennaio 2017, 19:24 - Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 22:58

NEW YORK – Il presidente non li vede, ma sono lì a proteggerlo, sempre al fianco degli uomini del Secret Service. Alcuni hanno un aspetto docile, amichevole, e la gente li carezza affettuosamente, senza sapere che sono dei veri e propri soldati, pronti a dare la vita. Altri sono un fascio di muscoli, con zanne bianche come l’avorio, agili e implacabili. Altri lavorano dietro le quinte, il naso a terra, sensibili a ogni odore. Sono le tre squadre dei cani addestrati a proteggere il presidente e la sua famiglia: quelli dall’aspetto mite sono arruolati nella squadra “Personnel Screening Canines”, specializzata nell’annusare i turisti e i passanti sui marciapiedi intorno alla Casa Bianca. Quelli “da combattimento” fanno parte della Emergency Response Team, e hanno il compito di proteggere i giardini e l’interno, e fermare gli intrusi. I “nasi” sono invece parte dell’Explosive Detection Team, e vengono mandati in avanscoperta ogni volta che il presidente, o i candidati presidenziali, siano in viaggio. Tocca a loro arrivare ore prima sul luogo dei comizi o degli appuntamenti pubblici, e passare in rassegna metro dopo metro. Dopo il loro controllo, nessuno può rimettere piede nelle aree “in sicurezza”.
 

 

La storia di questo particolare corpo militare a quattro zampe è stata narrata nel libro “Secret Service Dogs: The Heroes Who Protect the President of the United States”, di Maria Goodavage, una scrittrice specializzata proprio nel mondo canino. Il libro rivela una realtà praticamente sconosciuta al pubblico: se tutti sappiamo che gli uomini del servizio segreto hanno spesso al fianco dei cani poliziotto, nessuno sapeva che questi animali sono diventati così specializzati da essere divisi in tre diversi corpi con allenamenti e compiti specifici.

Alcuni in effetti sono diventati famosi, come Hurricane, un pastore belga che una sera dell’ottobre 2014 ha fermato un giovane instabile che era riuscito a scavalcare la ringhiera ed entrare nel giardino della residenza presidenziale: “I cani sono la prima linea di difesa non letale - dice uno degli handler -. Noi non sappiamo chi siano le persone che tentano di scavalcare la ringhiera. Possono essere terroristi suicidi, ma possono essere ammiratori del presidente che sperano di arrivare a stringergli la mano. Dobbiamo fermarli, ma il più possibile in modo non violento”.

I cani sono entrati a far parte del corpo di protezione del presidente sin dagli anni Settanta. La Casa Bianca era una volta la “people’s house”, la casa di tutti. Solo con la Seconda Guerra Mondiale sono stati posti dei limiti all’accesso del pubblico. E solo negli anni Settanta, con i primi casi di terrorismo, i limiti sono andati crescendo, con la comparsa di barriere doppie e anche triple, sentinelle a ogni angolo, recinzioni sempre più alte e robuste. Proprio negli anni Settanta comparvero anche i primi cani, con il solo compito antibomba. All’inizio erano pastori tedeschi, ma con gli anni gli allenatori hanno notato che i belga hanno un fiuto particolarmente sensibile a un numero maggiore di esplosivi e sono capaci anche di agire da difesa ma immediatamente trasformarsi in dolci cuccioloni a un semplice comando.

Nella squadra “Personnel Screening Canines” invece c’è di tutto, dagli spaniels ai terrier: questi devono essere infatti cani più piccoli ed estroversi, di cui la gente non abbia paura, perché è loro compito passare tutto il tempo fra le gambe dei turisti che si affollano intorno alla Casa Bianca.

Un particolare strano: i cani del servizio segreto non entrano mai in contatto con quelli presidenziali.  Bo e Sunny, i due portoghesi degli Obama, non si sono mai scontrati con i cani del servizio segreto, e neanche i due terrier dei Bush, Barney e Miss Beazley.
Gli spostamenti dei cani della famiglia presidenziale sono anzi seguiti attentamente perché si evitino incontri. Ma non si può fare lo stesso con i gatti, che sanno sfuggire ai controlli e intrufolarsi dappertutto, come il famoso Socks dei Clinton, che riusciva a vagare dalle soffitte alle cantine, costringendo tutto il personale della Casa Bianca a tenere gli occhi aperti. Socks, si sapeva, non amava i cani, e non ne faceva mistero. Ma adesso che sta per arrivare un nuovo presidente, questi problemi non esisteranno: Donald Trump non ha nè cani nè gatti.

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