LE STRUTTURE
Ci sono due campi pieni di rifugiati fuori città. Uno sul versante turco e l'altro sul versante siriano. Quando era possibile attraversare la frontiera, Kilis era o la meta finale, per chi voleva rimanere vicino a parenti e amici dall'altra parte del confine, o una prima tappa verso il sogno europeo. Oggi la stessa città di Kilis subisce attacchi da parte dell'Isis. «Negli ultimi mesi abbiamo subito settantadue attacchi dello Stato Islamico. Tutti con i razzi. Sono morti quindici cittadini turchi e sei rifugiati siriani, mentre ottantacinque invece sono stati i feriti» racconta Kara. «Stiamo vivendo nel terrore, la gente ha paura di uscire di casa. Molti vivono in ansia: è una condizione terribile, soprattutto sul piano psicologico, perché contro i razzi non c'è difesa. E arrivano quando meno te l'aspetti».
IL DESERTO
Quella che un tempo era una città sicura oggi dimostra tutte le sue debolezze. Negozi chiusi e poca gente in giro. Ma nonostante tutto, la vita continua. Al municipio arriva una signora con dei cesti colorati pieni di bomboniere. Al piano di sopra una coppia si sta per sposare. Poi si sposteranno per festeggiare con amici e parenti. Mente si percorrono le strade della città si trovano storie condite di lutti e disgrazie, indipendentemente se queste siano di siriani o turchi. La morte non fa distinzioni e unisce i vivi nel dolore.
LA GUERRA
La guerra ha cambiato il volto di Kilis. Poco distante dal centro, in una via laterale, si intravede un gruppo di uomini seduti fuori da una palazzina. Bevono tè e fumano, scambiandosi strette di mano e abbracci. E' un funerale. Ahmed, siriano, ci porta al piano superiore. In fondo al corridoio vi è un cucinotto. Ahmed quasi lo riempie, con la sua mole imponente. Un grosso squarcio nel muro, un tubo che penzola e alcuni scaffali pieni di calcinacci e polvere, sopra una vecchia cucina a gas, sono l'ultimo ricordo che ha della sorella. «Dieci giorni fa lei si trovava qui in cucina, stava preparando la colazioni per tutta la famiglia. Ecco, non abbiamo sentito quasi niente, un tonfo sordo e da sotto, dalla strada, abbiamo visto alzarsi un mucchio di polvere. Mi sono ricordato che lei era qui e sono corso da lei e ho visto l'angolo della cucina distrutto. Ho spostato le macerie e ho cercato di aiutarla, era ferita alle mani, al petto e alla testa. È morta ieri in ospedale». Ahmed china il capo, tanto è composto il dolore di queste persone. Fuori gli uccelli non hanno mai smesso di cantare. A Kilis come in Siria, in questa guerra che sembra senza fine, sono sempre i civili a pagarne il prezzo più alto. E cercare una via di fuga, per loro, diventa sempre più difficile.