E «questo è un rischio che non voglio prendere in buona coscienza», spiega Bloomberg, lanciando un ennesimo siluro contro il tycoon, oltre che al senatore ultra conservatore del Texas, in un intervento diffuso dall'omonima agenzia di informazioni di cui è proprietario. Un intervento nel quale critica duramente tutti i candidati presidenziali, i toni gridati della loro campagna elettorale, «l'estremismo in marcia».
Il miliardario si dice lusingato dal fatto che «negli ultimi mesi molti americani mi hanno sollecitato a correre per la presidenza», ma prende atto che, «quando guardo ai numeri, mi è chiaro che se entrassi nella corsa non potrei vincere». Ma non vuole neppure favorire la nomina di Trump o Cruz. Il primo, accusa, ha condotto «la campagna presidenziale più divisiva e demagogica che io ricordi, facendo leva sui pregiudizi e sui timori della gente», appellandosi «ai nostri peggiori impulsi».
«Minacciando di bandire i musulmani stranieri è un assalto diretto a uno dei due valori chiave che hanno fatto crescere la nostra nazione: la tolleranza religiosa e la separazione tra chiesa e stato», scrive. «Attaccare e promettere di deportare milioni di messicani, simulando l'ignoranza dei suprematisti bianchi, e minacciare la Cina e il Giappone di guerre commerciali è anche questo pericolosamente sbagliato», prosegue, ammonendo che queste mosse «potrebbero dividerci a casa e compromettere la nostra leadership morale nel mondo».
Ma Bloomberg non risparmia neppure Cruz, la cui posizione sull' immigrazione a suo avviso «può mancare degli eccessi retorici di Trump» ma non è «meno estremista» e «meno divisiva».
L'ex sindaco di New York precisa che non è pronto per sostenere alcun candidato ma che non starà zitto di fronte alla minaccia che «l'estremismo partigiano pone alla nazione»
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