Onu, 3mila giovani simulano i lavori dell'Assemblea generale. C'è anche Bill Clinton

Onu, 3mila giovani simulano i lavori dell'Assemblea generale. C'è anche Bill Clinton
di Anna Guaita
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Sabato 17 Marzo 2018, 19:36 - Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 12:42

NEW YORK - E’ stato Bill Clinton ad aprire i lavori, con un discorso pieno di fiducia nella capacità dei giovani di «cambiare il mondo». L’intervento dell’ex presidente ha inaugurato la settima edizione di “Change the World Model UN”, il laboratorio diplomatico ideato dagli italiani, ma oramai allargato a comprendere giovani di 110 nazioni del mondo. Ce n’erano 3mila all’apertura dei lavori venerdì sera, e ben 1500 provenivano dal nostro Paese, e folta era la delegazione romana, con studenti liceali e universitari (la delegazione romana veniva dagli istituti Visconti, Anco Marzio, Democrito, Giulio Cesare, Vivona, Avogadro, Cavour, Villa Flaminia, San Giuseppe de Merode, Convitto Nazionale Vittorio Emanuele II).
 

 


L’appuntamento si estende per tre giorni, durante i quali i ragazzi, precedentemente preparati e divisi in gruppi di lavoro, affrontano temi di scottante attualità politica e sociale. I gruppi simulano il lavoro dell’Assemblea Generale dell’Onu, del Consiglio di Sicurezza e del Consiglio Economico e Sociale. La sfida più stimolante per i giovani è rappresentata dal fatto che nessun gruppo parla per il proprio Paese, ma spesso si trova a portare i colori di luoghi lontanissimi e sconosciuti: a un gruppo romano può toccare la Nigeria e il tema delle fake news nel Paese africano, oppure può toccare il Cile e il problema dei cambiamenti climatici.


L’idea di fondo di questa gigantesca organizzazione internazionale è di aiutare i giovani a diventare i leader di domani, spingendoli sulla strada della convivenza con altre culture, esercitando in loro la capacità di dialogare, e rafforzandone la volontà di accettare la mediazione. Il “modello Onu”, appunto.

Applausi caldi hanno accolto il discorso di Clinton, che ha anche citato l’Italia, ricordando come il nostro Paese debba «essere orgoglioso della sua devozione alla democrazia». Ma anche ricordando che l’Italia, come gli Usa soffre di un basso tasso di natalità e questo dovrebbe spingerci a guardare all’immigrazione con un occhio anche al futuro: «Non dovete essere tutti d’accordo sulla politica dell’immigrazione – ha suggerito – ma dovreste tutti riconoscere che ci sono tante persone che hanno avuto una vita difficile e svantaggiata».

Clinton ha sollecitato i giovani a «cambiare il mondo», ad «abbattere i muri»,  a cercare «l’equilibrio fra sicurezza e cambiamento, fra ordine e creatività»,  scegliendo «la cooperazione invece che lo scontro». Ha anche sottolineato come proprio oggi negli Usa i giovani liceali abbiano preso in mano le proteste contro le armi, e «sembrano decisi a fare quel che gli adulti non sono riusciti a fare».

Ma il discorso di Clinton non è stato l’unico diretto alla folla dei giovani. L’Italia ha portato un folto gruppo di “eccellenze” per dare ispirazione, suggerimenti e incoraggiamenti. Il giovane siciliano Lorenzo Licitra, vincitore di XFactor ha cantato subito dopo il discorso di Clinton, dicendosi «emozionato di essere nel luogo dove avvengono e si risolvono i grandi problemi del mondo».

Esponenti dell’industria, della cultura, dello sport hanno arricchito il podio, dalla giornalista Maria Latella al fondatore della catena Eataly Oscar Farinetti, dall’ex magistrato Giuseppe Ayala agli allenatori Carlo Ancelotti e Marco Tardelli, per giungere al giovanissimo Francesco Messori, fondatore della Nazionale Italiana Calcio Amputati.
 
Presenti all’appuntamento newyorchese erano anche i giornalisti Carlo Caracciolo, Savatore Carrubba, Myrta Merlino, Dario Fabbri. E naturalmente non mancava Claudio Corbino, il 40enne catanese fondatore dell’associazione “Diplomatici”, che gestisce la tre giorni all’Onu. «Spingere i giovani ad aprire l’intelligenza – ha detto al Messaggero il magistrato Ayala, per spiegare il valore dell’appuntamento -. Far loro capire che la globalizzazione è irreversibile, e devono esserne protagonisti, non vittime».
 

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