Scelta rinviata al 2019/ Caso molestie, salta il Nobel per la letteratura

di Marina Valensise
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Sabato 5 Maggio 2018, 01:12
Il #MeToo, movimento di denuncia contro gli abusi sessuali, miete nuove vittime. Ma stavolta a cadere sotto la mannaia dell'intransigenza è una delle ultime istituzioni culturali ammantata di prestigio: niente di meno che il Premio Nobel. 

Dopo lo scandalo che ha coinvolto il fotografo francese Jean-Claude Arnault, marito di una delle giurate dell’Accademia di Svezia, accusato di ripetute molestie sessuali nei confronti di ben 18 signore, e persino ai danni dell’erede al trono, la popolarissima principessa Vittoria, sul fondo schiena della quale il francese avrebbe impunemente esercitato un non gradito approccio con mano morta, la commissione dell’Accademia svedese ha deciso per quest’anno di annullare il premio. Non è la prima volta che succede da quando nel 1901 venne istituito il premio ideato dall’inventore della dinamite Alfred Nobel, ma è la prima volta che accade non già per superiori motivi di ordine pubblico, come nel 1914, 1918 e 1935, e dal 1940 al 1943, bensì per infimi motivi di natura boccaccesca. Nonostante la tolleranza sessuale e la loro famigerata libertà dei costumi, gli svedesi hanno reagito in modo energico.

Annullano il premio per un anno, ma approfittano dello scandalo per procedere a un generale repulisti. Il re Carlo Gustavo XVI ha prontamente emanato una riforma dello statuto del premio per svecchiare i criteri di appartenenza all’Accademia e modernizzarne i metodi di lavoro. Gli accademici, finora in carica a vita, d’ora in poi avranno una nomina a termine: potranno rassegnare le dimissioni su richiesta e, se inattivi per almeno due anni, potranno venire rimossi. E poiché tutti concordano nel sostenere che ricostruire la fiducia e dunque l’immagine del premio è cosa che necessita tempo e energia, procrastinare il premio per un anno approfittando della riforma dello statuto è apparso un modo elegante per salvare la faccia, fare pulizia e ripartire da zero.

Soluzione sofferta, ma forse era difficile trovarne una più ecumenica. Dopo gli incidenti degli ultimi anni, con premi troppo orientati in nome del politicamente corretto per godere di un plauso universale, col recente insulto da parte di un premiato improbabile, come Bob Dylan, che addirittura si è rifiutato di presentarsi in frac di fronte al re per ricevere il Nobel per la letteratura, adducendo per altro motivi ben più prosaici di quelli che spinsero Jean-Paul Sartre a rifiutarlo in nome della battaglia libertaria contro l’ideologia borghese, il Nobel adesso picchia duro e si schiera in prima linea con le erinni del #MeToo, che denunciano, condannano e ostracizzano in nome della dignità della donna e dell’eguaglianza di genere senza minimamente curarsi dei diritti della difesa o delle vittime collaterali.

La risposta appare però talmente energica che per una volta, come le colpe dei padri biblicamente ricadevano sui figli, le colpe del molestatore francese finiscono per ricadere su una donna svedese. Alla fine della fiera, infatti, l’unica a pagare per l’indelicatezza del fotografo Jean Claude Arnault, è sua moglie, la sua prima vittima, forse la sua complice, Alma Katarina Frostenson, poetessa da oltre 25 anni membro dell’Accademia svedese, traduttrice di Bataille, Michaux e Marguerite Duras, proprietaria col coniuge francese del Forum per la cultura nel centro di Stoccolma finito anch’esso nel mirino per finanziamenti poco chiari e chiuso in seguito alle tristi vicende. Difficile pensare che un anno di silenzio basterà per risarcirla del danno subito e per ricostruirne l’immagine come si spera accadrà per l’Accademia delle scienze.
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