I DATI DEL VIMINALE
Proprio le azioni dei singoli sono le più difficili da prevedere e monitorare, ha ammesso lo stesso ministro degli Interni Angelino Alfano alla conferenza stampa di Ferragosto. Ha definito l'Italia «Paese sicuro», ammettendo tuttavia che nessun Paese può dichiararsi «a rischio zero» per il terrorismo islamico, richiamandosi soprattutto al problema delle «radicalizzazioni nelle carceri». «Il sistema di prevenzione antiterrorismo sin qui ha retto», l'Italia può essere considerato, per adesso, un «Paese sicuro» ha spiegato mettendo in bella evidenza i numeri dell'ultimo anno di contrasto al terrorismo: in un anno 85 gli estremisti arrestati, 109 le persone espulse per ragioni di sicurezza (tra cui 9 imam) 110 foreign fighters monitorati, 406.338 contenuti web verificati e 164.160 persone controllate. Il ministro ridimensiona la possibilità che Sirte possa diventare il porto di imbarco dei jihadisti verso le nostre coste. Parla di una «smentita» arrivata dalla Libia e dice che già prima «non c'erano riscontri» a questa ipotesi: «Sirte non si è manifestata come luogo di partenza di tante persone che arrivano sulle sponde del Mediterraneo». E comunque «il nostro sistema di controllo dei migranti avviene ormai con grande perizia».
IL RADICALISMO IN CARCERE
Sul tema della radicalizzazione nelle carceri, ieri è intervenuto anche il ministro della Giustizia Andrea Orlando, intervistato da Sky Tg24: «Il fenomeno di radicalizzazione nelle carceri va sicuramente seguito perché, come abbiamo visto anche in altri Paesi, la radicalizzazione avviene molto più frequentemente e con più facilità nei luoghi di segregazione», da detto. Ma, ha aggiunto, «non parlerei di dati allarmanti: se teniamo conto che si tratta complessivamente di 300 persone quelle che in qualche modo hanno dato segni di attenzione alle parole d'ordine jihadiste, su una popolazione carceraria di 54.000 detenuti, non possiamo parlare di un fenomeno di massa».