NEUTRALIZZARE ASSAD
La Francia, che nel 2013 era pronta a entrare in azione contro il regime di Bashar al-Assad accusato di usare armi chimiche contro la popolazione civile, sarebbe ora passata a una linea diversa: «neutralizzare» diplomaticamente Assad e attaccare con le armi le postazioni dell'Isis. Parigi per ora partecipa alla coalizione guidata dagli Usa contro il Califfato in Iraq. Quando, l'anno scorso, gli americani hanno cominciato a lanciare operazioni contro i fondamentalisti sul territorio siriano, dove hanno i loro campi base più importanti, la Francia ha deciso di restare in disparte. Soprattutto il Quai d'Orsay, il ministero degli Esteri, era contrario a partecipare a un intervento che, se può colpire al cuore alcune roccaforti dello Stato Islamico, può anche indirettamente rafforzare il regime di Assad. Ma i tempi sono cambiati. I terroristi che da gennaio hanno colpito in Francia sono stati tutti formati in Siria. Inoltre la guerra civile è una delle principali cause delle fughe massicce attraverso il Mediterraneo di migliaia di Siriani. Negli ultimi giorni, diversi alti responsabili francesi non meglio identificati da le Monde, stanno preparando il terreno all'annuncio di un cambiamento nella politica attendista della Francia. «La decisione ormai è presa» ha addirittura dichiarato al quotidiano francese «una fonte di alto livello». Resterebbe ora da determinare come e quando entrare in azione. Si parla di «prossimi mesi» e di iniziali missioni di ricognizione condotte in Siria «dai Mirage 2000 di base in Giordania o dai Rafal di Abu Dabi integrati al dispositivo americano».
Anche l'opinione pubblica sarebbe pronta: secondo un recente sondaggio Ipsos, ben il 74 per cento della popolazione approva l'operazione aerea “Chammal” in Iraq. «Tutti si rendono ormai conto che non si può più continuare così», che un intervento è inevitabile, ha detto la stessa fonte anonima a Le Monde. Già il 25 agosto, in occasione di un discorso davanti agli ambasciatori francesi, Hollande ha parlato di «neutralizzare» Assad. Ovvero: «evitare che sia un ostacolo ai negoziati» con l'opposizione e soprattutto con gli altri paesi della regione o implicati diplomaticamente, in particolare Iran, Turchia, Arabia Saudita e Russia. L'Eliseo non parla però più di un'uscita di scena del presidente siriano preliminare a qualsiasi intervento. Anche al Quai d'Orsay si sarebbero convinti, soprattutto sotto pressione del ministero della Difesa, dove si sostiene che «un'azione in Siria» della Francia, paese designato come obiettivo prioritario dai terroristi, è non soltanto «coerente» ma anche «di buonsenso». Se sull'efficacia dei bombardamenti i militari hanno pochi dubbi, diversa è la questione se si pensa ai «danni collaterali» e alle popolazioni civili: «più difficile», è la risposta della solita fonte, secondo la quale i primi attacchi dovrebbero concentrarsi sui territori totalmente occupati dall'Isis.
RUSSIA E IRAN
Se a destra molti chiedono addirittura un attacco a terra, il presidente della commissione Esteri del Senato Raffarin, conservatore, è più prudente e comincia a parlare di un «intervento che deve essere basato su un accordo non solo con gli Stati Uniti, ma anche con altri partner quali la Russia e l'Iran». Per ora manca comunque qualsiasi linea politica occidentale, in particolare nei confronti di Assad, che la Russia di Putin continua a sostenere. Per il politologo François Heisbourg, se la Francia prevede un intervento in Siria, l'unico obiettivo reale è quello «di voler agire nella crisi dei migranti pretendendo di risolvere il problema alla radice, con l'estensione dell'operazione “Chammal”».