Catalogna, scuole occupate dai cittadini per impedire il sequestro dei seggi per il referendum sull'indipendenza

Catalogna, scuole occupate dai cittadini per impedire il sequestro dei seggi per il referendum sull'indipendenza
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Venerdì 29 Settembre 2017, 20:48 - Ultimo aggiornamento: 30 Settembre, 09:02

Sarà muro contro muro fino all'ultimo secondo, e probabilmente anche dopo, nella guerra surreale sul referendum catalano fra Madrid e Barcellona: domenica «tutti potranno votare», ha garantito oggi il governo catalano, chiamando alle urne 5,3 milioni di cittadini; «il referendum non si farà», ha tuonato in risposta quello spagnolo. La tensione e l'incertezza sono a livelli altissimi. In Catalogna ci sono ora più di 10mila agenti di polizia inviati da Madrid per impedire il voto in nome della costituzione del 1978. Ma il 63% dei catalani dice che andrà comunque a votare. Il 'Govern' ha annunciato che saranno aperti 6.249 seggi in scuole, centri civici e sportivi, teatri, da Barcellona a Girona, dai Pirenei alla Costa Brava. L'Anc, prima organizzazione della società civile catalana, prevede «code gigantesche».

Per i seggi che la polizia spagnola chiuderà sono previste «soluzioni alternative», garantisce il vicepresidente Oriol Junqueras. Alla polizia la giustizia spagnola ha ordinato di recintare i seggi, sequestrare urne, schede e computer. Non è chiaro però come si muoveranno i 17mila Mossos d'Esquadra catalani. Il loro capo, Josep Lluis Trapero, ha ordinato ai suoi uomini di obbedire ma di evitare la violenza. Questa sera sono iniziate le prime occupazioni pacifiche di scuole da parte del popolo indipendentista per evitare che siano chiuse. I Mossos sono intervenuti pure loro pacificamente in alcuni centri per chiudere i cancelli ed evitare altri ingressi. Tutti i dirigenti catalani hanno lanciato appelli perché domenica tutto si svolga pacificamente, in forma gandhiana, accusando Madrid di voler invece provocare scontri. Il 'Govern' ha presentato una denuncia penale per abuso di potere contro la procura spagnola per la repressione ordinata in Catalogna «fuori dalla legge». Il ministro degli Esteri, Raul Romeva, ha detto che fare un referendum «non è un reato» e «non è illegale» in Spagna dal 2005.

La risposta da Madrid è stata dura. Il 'Govern' e il presidente Carles Puigdemont risponderanno «personalmente e patrimonialmente» davanti ai giudici per la loro «slealtà grave», ha avvertito il portavoce del governo spagnolo Inigo Mendez de Vigo. La procura ha già minacciato di arresto Puigdemont e il vicepresidente Oriol Junqueras. I due leader catalani hanno chiuso a Barcellona questa sera la campagna per il 'sì'. Domani, in quella che dovrebbe essere una 'giornata di riflessionè, può succedere di tutto. La polizia dovrebbe recintare i seggi. Ma diverse organizzazioni hanno invitato ad occuparli, facendo resistenza passiva. I pompieri catalani e il sindacato dei contadini fra gli altri si sono impegnati a difenderli. I contadini catalani hanno invaso già oggi con i loro trattori in una sorta di prova generale il centro di Barcellona e le strade di tutto il paese in difesa del referendum. Tutti si preparano al momento di verità di domenica. Un giudice spagnolo ha ordinato a Google di chiudere la applicazione che spiega come votare al referendum. Puigdemont ne ha aperto subito un'altra. Negli ultimi giorni Madrid ha oscurato 140 pagine web. «Come in Turchia e Corea del Nord», accusa il 'Govern'.

Non solo: il giudice ha ordinato anche la chiusura del sito di e-voto elettronico del governo catalano per evitare che possa essere usato come alternativa domenica al voto nei seggi.

Madrid ha anche chiuso lo spazio aereo sopra Barcellona a elicotteri, aerei privati e droni. Per evitare, dicono gli indipendentisti, imbarazzanti immagini aeree delle maree umane che protesteranno. Condizionato da cosa sarà successo domenica, lunedì inizierà il secondo round. C'è chi spera in un «dialogo politico», come il presidente dell'Europarlamento Antonio Tajani. Ma potrebbe anche essere proclamata, unilateralmente, la 'Repubblica catalanà. Con una durissima reazione della Spagna.

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