«Il paese è crollato, ma io non me ne vado»: arrestato lo sfollato di Arquata

«Il paese è crollato, ma io non me ne vado»: arrestato lo sfollato di Arquata
di Italo Carmignani
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Giovedì 2 Febbraio 2017, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 3 Febbraio, 16:39
Dal nostro inviato

ARQUATA  In fondo questa è una storia d'amore. Almeno dicono. Perché come accade ai molestatori, per strapparlo a quanto ama morbosamente l'hanno dovuto arrestare. E se in genere è per una donna, nel caso di Enzo Rendina, 58 anni, sfollato di Arquata del Tronto, finito agli arresti per intralcio all'attività di soccorso dei vigili del fuoco, succede per qualcosa di altrettanto vivace, la sua terra. La stessa che l'ha sfrattato da casa il 24 agosto quando le scosse hanno raso al suolo Amatrice, Arquata, Pescara del Tronto e il suo appartamento. Quell'insulto sismico tra le pareti misurato con la scala Richter lui non l'ha sopportato e da allora ha solo due desideri: dormire sotto le stelle, o al massimo in una tenda, e solo a pochi metri da quella che era casa sua. Muratura lungi da lui, quindi.

L'INUTILE APPELLO
Con la sua cadenza da buon padre di famiglia, neanche Vasco Errani, commissario della ricostruzione, riuscì a convincerlo quando lo sciame sismico incombeva sopra a quelle che erano già rovine: «Senta Errani, io la vita l'ho già rischiata quella notte, non ho più niente da perdere», gli rispose con l'aria di chi non aveva nessuna intenzione di cedere. Ma da carogna che è, la terra ha tremato di nuovo il 30 ottobre con la famosa cadenza dei 6.5 gradi. Abbastanza forte per convincere anche l'irriducibile Enzo. Ma solo per pochi chilometri: dalla sua postazione di Arquata del Tronto è finito a Borgo d'Arquata che comprensibilmente e geograficamente può essere solo nei pressi. Il trasloco da tenda a tenda faceva ben sperare: la botta del 30 ottobre lo aveva reso più lucido, più consapevole di una battaglia senza vincitori. Si pensava. Tanto che Rendina lo aveva spiegato così all'Ansa: «Credo che fra non molto mi verrà messa a disposizione una casa. Ma senza fretta, perché prima devo tranquillizzarmi, devo riprendermi da questi 70 giorni che ho vissuto praticamente come un cinghiale, lavandomi con l'acqua ghiacciata della montagna».

LA FOBIA
Ma quando mai. Inutile sperare, la sua è una patologia : la fobia verso i luoghi chiusi in muratura, spiegano i medici. Un disastro per chi non vive nelle grandi praterie degli indiani d'America, ma nella terra edificata fin dal tempo degli etruschi con cadenza esponenziale nei secoli. Sventolando l'effetto fobico, lo sfollato più sfollato d'Italia si piazza sotto la tenda della Protezione civile di Borgo. Molti giorni dopo dall'infausta decisione, la procura di Ascoli riterrà quella resistenza equivalente a turbamento e all'ostacolo delle funzioni operative. «Rallentando le operazioni per la costruzione delle soluzioni abitative di emergenza», scriverà il sostituto procuratore. Ma è solo un avvertimento . L'inverno incombe e il 18 gennaio la neve fa collassare la fragile stoffa della sua tenda poco adatta al nevone che seppellirà molto altro da quelle parti. Così, mossi dalla solita, irreparabile vocazione al soccorso, i vigili del fuoco rispettano il loro giuramento. E dopo averlo salvato, lo portano al campo base. In un angolo con un materassino, sotto il cuscino un pigiama logoro e vicino pochi vestiti stesi, Enzo Rendina si piazza nell'ultima trincea possibile della sua personalissima guerra di libertà di giaciglio. Ma tutte le battaglie hanno un prezzo e quella di Enzo parla di un reato, interruzione di pubblico servizio. Perché a detta del magistrato avrebbe creato difficoltà nell'attività dei vigili del fuoco». Quindi? Dall'avvertimento all'arresto in carcere. Gli avvocati però trovano sempre le strade e Francesco Ciabattoni, legale di Enzo Rendina, ieri mattina ha esibito il certificato medico, quello della fobia da muratura. L'imputato può andare, fa il giudice davanti a tanta inquietudine. E adesso? Nessuno ha pensato alla soluzione più semplice, gli arresti domiciliari. Dove? In camping.