Chiuse due rivendite/ «Nociva anche se light» Il Consiglio di Sanità stronca la cannabis

di Silvio Garattini
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Venerdì 22 Giugno 2018, 01:09
Si sta riprendendo un’utile discussione su problemi che riguardano l’impiego della cannabis. Lo spunto è stato dato da un documento del Consiglio Superiore di Sanità che in realtà, a mia conoscenza, non è stato ancora reso ufficiale. Dato che numerose voci si sono levate intorno al problema, esprimo anch’io il mio punto di vista sull’argomento. Si tratta dell’apertura in Italia di negozi, i cosiddetti “cannabis shop”, che secondo alcuni sono ormai parecchie centinaia e in continuo aumento. Questi negozi vendono prodotti, anche alimentari, che contengono cannabis. Vendono anche delle piante che pare siano disponibili per vivaisti e per coloro che vogliano acquistarle. 
Si pone tuttavia il problema che la cannabis è una pianta che contiene principi attivi che hanno effetti sul sistema nervoso centrale e che possono essere utilizzati come droga. Il principio attivo è il tetraidrocannabinolo che induce gli effetti che si ottengono, ad esempio, attraverso l’impiego dei cosiddetti “spinelli”. Come mai è possibile tutto questo dal momento che la vendita della cannabis è considerata illegale? Una possibile risposta è che si tratta di piante con basso contenuto di tetraidrocannabinolo. 
Il limite prescritto è dello 0,2%, ma è accettata una tolleranza fino allo 0,6%. Queste concentrazioni non sono del tutto insignificanti, dato che gli effetti dipendono dalla quantità totale che si assume. Fumare più spinelli contenenti queste concentrazioni può determinare effetti che normalmente sono considerati “dopanti”. Sembra strano che questo commercio avvenga senza che sia stato adeguatamente considerato il rischio, soprattutto per le popolazioni più giovani e per le persone in cui particolari condizioni patologiche o non patologiche (come, ad esempio, la gravidanza) rendono l’impiego della cannabis particolarmente rischioso. Infatti, esistono parecchie ricerche che indicano come il tetraidrocannabinolo possa essere particolarmente pericoloso nei giovani, in particolare negli adolescenti che hanno un cervello ancora “in costruzione”.
La possibilità di avere a disposizione cannabis è un incentivo all’impiego e rappresenta una specie di autorizzazione “ufficiale” ad impiegarla, avallando implicitamente il diffuso concetto che la cannabis sia una droga leggera. Purtroppo non è così, dato che sono noti i danni indotti dalla cannabis nei giovani. Essi riguardano difficoltà di apprendimento, forme di disinteresse per tutto ciò che li circonda, scarsa attenzione in ambito scolastico e così via. Non solo; alcune ricerche condotte in altri paesi mostrano come l’impiego della cannabis nel periodo adolescenziale determini, anche a distanza di molti anni, una maggior incidenza di forme depressive, psicotiche e di ansietà generalizzata. 
E’ vero che queste conseguenze possono essere più frequenti in soggetti già predisposti a queste malattie; ma esistono dati che indicano che tali malattie possano manifestarsi anche in soggetti non predisposti. Infine, non bisogna dimenticare che la cannabis può indurre dipendenza e il suo uso aumenta la probabilità di impiego di altre droghe. Qualcuno può obiettare che in fondo accanto ai negozi che vendono cannabis vi sono anche quelli che vendono tabacco e alcool. Questa non sembra una buona ragione per aggiungere altre disgrazie a quelle già esistenti. 
E’ chiaro che l’educazione a non utilizzare cannabis non implica che si debba smettere di contrastare l’impiego di tabacco e alcool. In conclusione, credo che il governo e il legislatore debbano riflettere attentamente. Prima che il fenomeno si generalizzi è importante si facciano adeguati controlli per verificare ciò che si vende; inoltre, è bene che si eseguano studi per valutare il rischio che un mercato ufficiale della cannabis contraddica di fatto una serie di campagne educative per proteggere i giovani dalla schiavitù della droga.
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