Dossieraggio, il capo della Dia accusa Striano: «Senza controlli, e de Raho lo elogiava»

Michele Carbone all'Antimafia: nessuna segnalazione sugli atti del finanziere

Dossieraggio, il capo della Dia accusa Striano: «Senza controlli, e de Raho lo elogiava»
di Valeria Di Corrado
3 Minuti di Lettura
Martedì 26 Marzo 2024, 06:36

«Pasquale Striano era il "primario" dell'antiriciclaggio. Poi il fatto di stare dal 2015 al 2023 a contatto con magistrati ed essere considerato un elemento indispensabile... si è creato un "mostro"». Tant'è che aveva le password di accesso a tutte le banche dati sensibili del nostro Paese. Per di più è stato insignito di encomi ed elogi, addirittura per le sue «notevoli doti di riservatezza e lealtà» e per la sua condotta morale definita «irreprensibile». A svelare questo retroscena, che ora desta imbarazzo, è stato il direttore della Dia Michele Carbone, sentito ieri pomeriggio in audizione davanti alla Commissione parlamentare Antimafia in merito ai risvolti dell'inchiesta su dossieraggi e fughe di notizie, che vede indagati dalla Procura di Perugia il finanziere e il pm della Dna Antonio Laudati.

 

I riconoscimenti

I documenti con cui tra il 2018 e il 2019 l'allora procuratore della Direzione nazionale antimafia, Federico Cafiero de Raho, metteva in evidenza le qualità di Striano assumono ora contorni grotteschi se messi in relazione al fatto che i pm umbri gli contestano oltre 800 accessi abusivi a banche dati "sensibili", come quella delle segnalazioni per operazioni sospette (le cosiddette Sos, che sono passate da 36 l'anno nel 1991 a 150.418 nel 2023). «Per attività di servizio svolte presso la Direzione investigativa antimafia - ha riferito l'attuale direttore ai parlamentari - sono state attribuite al luogotenente otto ricompense morali, quattro elogi e quattro encomi semplici, di cui uno per l'operazione Breakfast». In una nota del 15 febbraio 2019, a firma di Cafiero de Raho, si legge che «Pasquale Striano ha evidenziato notevoli doti di riservatezza e lealtà, un'elevata ed approfondita preparazione tecnico professionale, piena disponibilità ed alto senso del dovere, instaurando ottimi rapporti interpersonali sia con i magistrati dell'ufficio che con il restante personale amministrativo e delle forze di polizia». In particolare, secondo l'allora numero uno della Dna, il finanziere «ha svolto un ruolo fondamentale nell'ambito delle attività pre-investigative a contrasto della criminalità organizzata, permettendo allo stesso procuratore nazionale antimafia di esercitare in pieno le funzioni di coordinamento e di impulso demandategli dalla legge». Il problema ora è che proprio su alcuni di questi atti di impulso, redatti da Laudati e Striano, aleggia l'ombra dell'abuso d'ufficio. Ma 5 anni fa Cafiero de Raho (ora deputato di M5S) non aveva alcun dubbio sul finanziere: «Sorretto da altissimo senso del dovere e della disciplina. Moralmente irreprensibile, leale e rispettoso, ha fornito un rendimento costantemente elevato e di eccellente livello. Lo ritengo meritevole di vivissimo apprezzamento, convinta e incondizionata lode». «Questa è la chiara dimostrazione di quanto sia inopportuna la partecipazione del vicepresidente De Raho alle sedute che hanno a oggetto la vicenda del dossieraggio - ha commentato il capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera Tommaso Foti - È lapalissiano, infatti, che qualunque audito possa essere anche solo indirettamente condizionato dalla presenza dell'ex procuratore, allora capo della Dna. L'obiettivo della commissione parlamentare è quello di dare risposte sull'esistenza o meno di una rete, di coperture e di eventuali mandanti. Perché questo obiettivo sia raggiunto deve potersi muovere liberamente».

 

Mancati alert

«Evidentemente se siamo in questa situazione gli alert non hanno funzionato», ha precisato il numero uno della Direzione nazionale antimafia, sottolineando che forse andavano stabilite «regole di ingaggio, regole di natura prudenziale». Insomma, il senso è che Striano sarebbe stato lasciato troppo a briglia sciolta, senza i dovuti controlli. «Io credo che c'è un principio in ambito militare: ordine, esecuzione e rapporto. Non so se questo principio Laudati lo abbia applicato. Né so se dietro Striano ci fosse una rete, lo diranno le indagini. L'auspicio è che la vicenda non incida negativamente sulla virtuosità riconosciuta al nostro sistema antiriciclaggio».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA