Uno è in maggioranza, l'altra è all'opposizione. Matteo si sente il leader del centrodestra, Giorgia pensa di poterlo essere meglio di lui. Salvini dice di Meloni: «Se continua così, è libera di perdere le elezioni da sola». Meloni dice di Salvini: «Punto ad essere il primo partito della coalizione e a dare le carte». Quindi divisi in tutto i due leader? Ma certo. Però arriva la questione vaccinale per i bambini e e questa fa scoppiare la pax all'insegna del nì vax tra il capo della Lega e la presidente di Fratelli d'Italia.
Salvini e Meloni: niente vaccino ai nostri figli
La scintilla della pace (ovviamente temporanea) l'accende Franco Locatelli.
«Mia figlia non l'ha fatto, il vaccino non è una religione», parte per prima Giorgia. La insegue e la affianca il collega-rivale. «Mia figlia non è vaccinata. Sono scelte che riguardano mamme, papà e pediatri. Non sono oggetto di dibattito politico», annuncia Salvini, accarezzando come sempre quella fascia no vax del suo elettorato - coincidente con quello melonista, e guai a farsi surclassare da Giorgia - che già non gli perdona l'appoggio al governo vaccinista di Draghi ed è meglio, per il leader leghista, non provocarlo più di tanto.
Insomma questioni personali, ma anche politiche, dietro il no al vaccino per i piccoli. Che secondo i dati scientifici - sempre forniti da Locatelli - si sta viceversa rivelando efficace.
PERSONALE E POLITICO
Salvini si è trovato a inseguire, su questa strada nì vax per i bambini, l'alleata-avversaria ma questa scelta è coerente con le altre che è andato facendo sul tema Covid. Il capo lumbard ha individuato il versante bambini come l'ideale doppio forno con il quale giocare, un piede nel governo del super Green pass, l'altro affondato nel mare magnum dei dubbiosi, degli scettici e dei complottardi. Di lotta e di governo, come sempre.
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TATTICHE
E comunque le parole sulla vaccinazione ai minori arrivano solo a qualche giorno di distanza dallo smarcamento della Lega nel consiglio dei ministri che ha proceduto a un allentamento della stretta, con il pretesto che l'eliminazione della didattica a distanza per gli alunni coperti da tre dosi è una discriminazione nei confronti di chi non è vaccinato. Che poi presso l'elettorato leghista l'ambiguità sui vaccini possa premiare è tutto da vedere. Sta di fatto che Salvini e Meloni si rincorrono affannosamente per fare il pieno di consensi tra quei no vax che altrimenti avrebbero poca o nulla rappresentanza nell'arco parlamentare. Ai vertici del Carroccio la pensano così: «Ad oggi la percentuale di bimbi tra i 5 e gli 11 anni vaccinati è del 35 per cento. Quindi la maggioranza di mamme e papà, quasi due terzi, ha fatto una scelta. Da rispettare». Eppure i dati scientifici dicono altro: le vittime di Covid tra i più giovani sono state 35 nel 2021, i ricoveri 8.632 (di cui 251 in terapia intensiva) e un bambino di 10 anni è appena morto a Torino perché non vaccinato. Al contrario, i bambini tra i 5 e gli 11 anni vaccinati non hanno presentato conseguenze, se non qualche linea di febbre dopo l'iniezione.
Ma la scienza è la scienza e la politica è la politica. Capace di riappacificare due leader su una posizione discutibilissima.