Salvini: «Gli insulti di Bossi ci fanno migliorare». E i big leghisti lo blindano

Il leader della Lega alla festa di Varese. Assist di Giorgetti: «Serve disciplina»

La festa della Lega a Varese con il ministro dei Trasporti e leader del partito Matteo Salvini
di Mario Ajello
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Lunedì 15 Aprile 2024, 00:22

ROMA «Gli insulti di Bossi ci fanno migliorare». Matteo Salvini celebra la festa dei 40 anni della Lega ed evita di polemizzare con il fondatore. Ma è chiaro che questa non è una fase facile per il Carroccio e per il suo leader. Il quale in una giornata così simbolica riesce a compattare intorno a sé i big del partito, anche perché siamo alla vigilia di elezioni cruciali per il futuro della Lega, tra amministrative ed europee. «Dobbiamo stare compatti», è la parola d’ordine dei dirigenti e dei ministri salviniani e il corpaccione del partito proprio perché il momento è delicato tende a lasciare sullo sfondo e a non esasperare i malumori che ci sono.

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La «risottata» a Varese, questa celebrazione tra cibo e comizi, nella terra natale del movimento inventato da Bossi (che alla festa non c’è e l’altro giorno a stroncato il vecchio amico Matteo: «Serve un altro leader»), per Salvini è l’occasione utile a rinsaldare le truppe e a lanciarle verso gli appuntamenti con il voto.

In una situazione che è questa: se la Lega arriva alle Europee sopra a Forza Italia, per Salvini sarà il rilancio e la blindatura - fino al prossimo congresso - della leadership. Se viceversa il Carroccio viene superato dagli azzurri di Antonio Tajani che sono in grande ripresa e hanno messo la freccia del sorpasso, per quello che negli ultimi anni è stato il Capitano leghista (soprannome ormai caduto in disuso anche tra i suoi da quando Matteo ha cominciato a non vincere più come prima) la tenuta dello scettro nel partito diventerà piuttosto problematica per il vice-premier e ministro delle Infrastrutture. Anche se Luca Zaia non ne vuole sapere di guidare la Lega - preferisce avere un nuovo mandato da governatore, il che è complicatissimo, e avrebbe indiscusse doti da ministro o da commissario Ue - e Massimiliano Fedriga, il più accreditato come possibile successore di Salvini, ha ancora da amministrare per anni il Friuli Venezia Giulia di cui è presidente e non sembra smaniare per fare il segretario. Altre alternative all’attuale leader del Carroccio al momento non se ne vedono. Ma la stragrande maggioranza della Lega è ancora con Salvini, come s’è visto ieri alla festa del quarantennale. Dove i due capigruppo alle Camere, Molinari e Romeo, hanno celebrato la «bravura» di Matteo, anche per voler smentire le voci che parlano di un certo malcontento nella squadra verde in Parlamento.

 

Dal palco, Salvini è incalzante: «Io non c’ero 40 anni fa. Sono del 1973 e ho fatto la prima tessera nel ‘90. Ringrazio colui che tutto ha cominciato. Senza Umberto Bossi non saremmo qui e milioni di italiani non parlerebbero di libertà». Poi: «Sono in Lega da 30 anni e sono abituato alle telefonate notturne e diurne di insulto e di polemica di Bossi, che avevo invitato qui, quindi mi servono per capire e migliorare».

In tanti ieri aspettavano l’intervento di Giancarlo Giorgetti. Qualcuno sperava che il ministro dell’Economia e leghista doc sparasse sul Capitano. Ma lui è il prudentissimo per antonomasia. E non infierisce mai sul leader in carica. «In questi anni di Lega abbiamo capito che non dobbiamo mollare mai», dice Giorgetti. E ancora: «Certe volte bisogna urlare, altre stare zitti. Certe volte bisogna reagire, altre sopportare. Sono regole che continuo a considerare avendo fatto il segretario della Lega lombarda. Sono regole fatte di gerarchia e disciplina che non deve diventare mai servilismo, sarebbe un errore». Si tratta di un sostanziale sostegno a Salvini, rispetto al quale è diverso in molti aspetti ma anche complementare. Giorgetti è Giorgetti, ed ecco Zaia. Sulla necessità di una nuova leadership, invocata da Bossi, il governatore veneto risponde così: «Io non entro in questo dibattito anche perché è sempre oggetto di polemiche».

LE INSIDIE
Quello che interessa a Zaia è l’autonomia. «Se in Parlamento la approvano prima delle Europee, bene. Se la approvano dopo, bene lo stesso». Così ha detto Zaia e ancora lui: «Basta che l’autonomia venga approvata. E’ un percorso travagliato, però si va avanti su questa direzione». Anche Zaia è con Salvini. Così come, nel reparto ministri, lo è Giuseppe Valditara. «La direzione di Matteo - assicura il titolare dell’Istruzione - è quella giusta. La Lega deve andare avanti con lui».

Per Salvini ci sono comunque da superare varie insidie: da quella dei nordisti che vogliono più Nord e meno Ponte di Messina nella strategia del capo a quelle di Meloni e di Tajani che non sembrano disposti a fare sconti (almeno sui tempi di approvazione) in materia di autonomia, e in più il leader azzurro ha scatenato una forte competizione elettorale nei confronti della Lega anche nel Settentrione. E anche chi dice, in area leghista, che la Lega s’è spostata a destra, troppo a destra. Ma Salvini ha tutte le possibilità di superare queste insidie. Basta non andare troppo male alle Europee e se dovesse portare il Carroccio al 10 per cento verrà benedetto con «l’acqua sacra del Po» (così è chiamata nel gergo lumbard), quella che Bossi fingeva di bere.

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