Il tempo scorre veloce. Inesorabile. Il passo del Pnrr, il piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato con quasi 200 miliardi dalla Commissione europea, sembra ancora troppo lento. Così Mario Draghi ha deciso di dare una scossa. La vera messa a terra del Recovery italiano, insomma, parte ora. Acquisiti i primi 25 miliardi del prefinanziamento europeo, entro il prossimo 31 dicembre l’Italia dovrà raggiungere 51 obiettivi tra riforme ed investimenti. Altrimenti la prossima tranche di 22 miliardi prevista per l’inizio del prossimo anno è a rischio. Ieri in consiglio dei ministri il sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli e il ministro dell’Economia Daniele Franco hanno fornito una prima sintesi degli obiettivi raggiunti. Di riforme ne sono state approvate otto delle 19 previste entro fine anno dal contratto con l’Europa. Solo il 30 per cento del totale. Per gli investimenti la percentuale è ancora più bassa. Quelli definiti sono stati solo cinque su 24 previsti. Fa il 21 per cento. Insomma, 13 obiettivi centrati su 51 sono un risultato che non lascia dormire sonni troppo sereni.
Se ne è lamentato ieri anche il presidente degli industriali Carlo Bonomi durante l’Assemblea annuale di Confindustria. Il timore è che l’Italia perda i soldi. Il governo lo sa. Per questo Draghi ha deciso di accelerare. Ieri è stato chiesto a tutti i ministri un «preciso piano di adozione delle riforme e di compiuta realizzazione degli interventi» previsti per la fine dell’anno. Un cronoprogramma nel cronoprogramma.
Recovery, gli interventi
Non solo. Il governo è al lavoro su uno o più decreti con all’interno nuove semplificazioni per gli investimenti legati al piano nazionale di ripresa e resilienza. Per questo Palazzo Chigi ha chiesto ai ministri di presentare delle nuove proposte di norme attuative “abilitanti”, ossia quali lacci e lacciuoli vanno sciolti secondo le rispettive competenze, per proseguire senza intoppi nell’attuazione del Recovery.
Anche qui non tutti i problemi sono stati risolti.
I temi
Ogni volta che ci sarà una riunione, saranno approfondite anche le cosiddette tematiche “trasversali” del Recovery plan. La prima è il rispetto, in sede di definizione delle procedure di attuazione degli interventi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, della regola per cui almeno il 40 per cento delle risorse allocabili territorialmente, indipendentemente dalla fonte finanziaria di provenienza, sia destinato alle regioni del Mezzogiorno. Un obiettivo che rischia di essere tradito, come dimostrano i primi bandi sugli asili nido rivelati dal Messaggero che privilegiano quei Comuni in grado di garantire un maggiore cofinanziamento dei progetti. Ad essere rispettati, poi, dovranno essere anche altri due criteri trasversali: il rispetto dei principi guida in materia di disabilità, e quello per cui le assunzioni devono prioritariamente essere riservate a donne e giovani. Nelle prossime settimane si vedrà se l’accelerata starà funzionando. Soprattutto sul piano delle riforme. Da portare a compimento ce ne sono alcune considerate politicamente scottanti. A partire dalla legge sulla concorrenza.
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