Rampelli: «Valorizziamo l'Italiano anche all'estero. Expo 2030 può aiutare a promuoverlo»

Rampelli: «Valorizziamo l'Italiano anche all'estero. Expo 2030 può aiutare a promuoverlo»
di Francesco Bechis
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Sabato 31 Dicembre 2022, 08:15 - Ultimo aggiornamento: 2 Gennaio, 14:02

Dai lavoratori delle aziende partecipate a chi richiede la cittadinanza e vive nel Belpaese. Conoscere l'Italiano è un diritto ma anche un dovere, dice Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera di FdI. Così come promuoverlo, «l'Expo 2030 a Roma è una grande occasione».

La tutela dell'Italiano in Costituzione. È una battaglia necessaria?
«Sì. Nella Costituzione sono enunciati i valori più preziosi che abbiamo. La persona, il lavoro, la salute, la famiglia, la cultura, il paesaggio. Manca l'Italiano, che è stato testimonianza di unità nazionale prima della stessa unità statuale».

Perché proprio ora?
«Questa battaglia la cominciai in Regione Lazio, venti anni fa, divenne proposta di riforma costituzionale non appena arrivai alla Camera. Come FdI è la terza volta che la presento. Ora però c'è una sensibilità diversa. Si percepisce anche ai più alti livelli istituzionali una sana avversione ai forestierismi. Dallo scranno della presidenza ho imposto che gli atti degli uffici fossero scritti in italiano».

Quale articolo deve difendere la lingua patria?
«C'è un confronto aperto su questo tra chi modificherebbe l'articolo 9 che parla di cultura e chi l'articolo 12, considerando la lingua dentro l'apparato simbolico dell'identità nazionale insieme alla bandiera. Nella mia proposta si introduce anche l'inno di Mameli, il Canto degli italiani. Ma aggiungo la questione politica e di cittadinanza».

Ovvero?
«La lingua è potere. Scrivere le leggi usando termini stranieri significa ridurre la comprensibilità e quindi il numero delle persone che possono comprenderle e rispettarle. Significa non avere rispetto per quei cittadini che hanno pochi strumenti culturali per capire».

C'è chi ci vede una battaglia di retroguardia
«Sì lo so.

In genere chi si lamenta sono quelli che dall'alto del loro multilinguismo e cosmopolitismo hanno il sovrano disprezzo per l'italiano e per i loro connazionali. Senza capire che qui è in gioco l'accesso alla democrazia.

Che problema danno gli inglesismi entrati nel linguaggio comune?
«L'utilizzo di termini stranieri imbastardisce l'italiano anche quando la nostra lingua ha i termini esatti per dire la stessa cosa. Perché usare espressioni come smart working, meeting, audience, fringe benefit, cashback quando abbiamo i corrispondenti in italiano?».

La priorità non dovrebbe essere promuovere l'italiano nel mondo?
«La priorità è valorizzare l'italiano in Italia e all'estero. Per questo la proposta di legge costituzionale sarà affiancata da una ordinaria che obbligherà tutte le amministrazioni partecipate dallo Stato a utilizzare l'Italiano, si rafforzeranno gli istituti di cultura italiana all'estero. In questo senso sarà molto utile il ruolo che potrà svolgere la Dante Alighieri».

L'Expo 2030 a Roma sarebbe un'occasione?
«Certo. Portare nella capitale l'Expo è una grandissima occasione per promuovere l'italiano nel mondo».

C'è un riflesso sull'accoglienza e l'integrazione degli immigrati?
«Ovviamente. Chi sceglie di diventare cittadino italiano deve parlare italiano. Difficile che, nella prospettiva di una riforma della cittadinanza, non sia inserita la conoscenza della lingua, requisito previsto da tutti Stati».

Insegnare e promuovere l'italiano è una missione nazionale. Eppure c'è chi, in maggioranza, vuole e immagina una scuola regionalizzata
«L'istruzione è un diritto universale e unitario. La scuola regionalizzata è un non-senso in uno Stato nazionale».

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