Lega, pressing su Salvini: se ci dicono no salta tutto

Lega, pressing su Salvini: se ci dicono no salta tutto
di Alberto Gentili
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Sabato 16 Febbraio 2019, 10:53
ROMA Matteo Salvini è un tipo diretto, uno che non lascia molto spazio ai se e ai ma. E già giovedì sera, dopo il brusco stop imposto a sorpresa dai 5Stelle all'autonomia differenziata di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, non ha nascosto l'irritazione: «La settimana prossima serve un vertice politico». Una verifica di maggioranza, insomma, per un «vero chiarimento». E questa resta la linea. Ma in vista del voto di lunedì del popolo grillino sull'immunità per il caso Diciotti sulla piattaforma Rousseau, l'entourage del vicepremier leghista garantisce: «Salvini è tranquillo». E «per nulla arrabbiato».

IL PRESSING
Cautela e tattica a parte, la Lega ribolle. L'autonomia differenziata per il Carroccio è molto più importante della Tav. E' anche se è in corso la metamorfosi verso il partito nazionale, la riforma resta una bandiera identitaria ed è il modo per rispondere alle istanze della storica base nordista, fatta di piccoli imprenditori, artigiani etc, sempre più contrariata dall'alleanza tra leghisti e pentastellati. Così un alto dirigente lumbard scommette: «Salvini questa volta andrà fino in fondo, è deciso a far saltare tutto se entro una settimana i 5Stelle non avranno dato il via libera all'autonomia di Veneto e Lombardia. I patti sono patti e vanno rispettati...».
Far saltare tutto significherebbe aprire la crisi di governo. Vorrebbe dire provare (il rischio che salti fuori un governo di responsabili in Parlamento c'è sempre) ad andare alle elezioni anticipate. Soluzione che da qualche tempo Salvini, nonostante continui a ripetere di voler governare con i grillini fino al 2023, non scarta. «Tenetevi pronti», ripete ai suoi nei momenti più difficili della coabitazione con Luigi Di Maio. Per la gioia di Giancarlo Giorgetti che non ha mai digerito (e mal sopporta) l'alleanza con i 5Stelle. «Ma queste cose non si annunciano, si fanno. E non è ancora il momento, prima va messo al sicuro Matteo...», frena un altro dirigente molto vicino al Comandante. Prima di una eventuale resa dei conti con i grillini va incassato il loro no all'autorizzazione a procedere contro Salvini.

Eppure anche Erika Stefani, la ministra agli Affari regionali che cura la pratica-autonomia, ha confidato la sua forte insofferenza dopo l'agguato di giovedì sera in Consiglio dei ministri: «Entro una settimana ci devono dare una risposta, questa volta non ci faremo prendere in giro».

A mandare su tutte le furie la Stefani e i governatori di Lombardia e Veneto Attilio Fontana e Luca Zaia è la tattica dilatoria scelta da Di Maio: «Vuole rinviare la riforma a dopo le elezioni europee». Ed è il dossier fatto circolare dai 5Stelle giovedì, pochi minuti prima che cominciasse la riunione di governo, in cui l'autonomia differenziata è accusata di «creare cittadini di serie A e di serie B», di favorire le Regioni ricche penalizzando le Regioni povere. Ed è bollata come «chiaramente incostituzionale». In più, i 5Stelle (il presidente della Camera Roberto Fico ha ufficializzato ieri la richiesta) chiedono che il Parlamento possa intervenire sul testo di intesa con le tre Regioni. Un epilogo che rischierebbe di affossare la riforma.

IL NODO DEL PARLAMENTO
Fiutato il malumore degli alleati, Di Maio fa filtrare di essere pronto a dare seguito al patto con Salvini: «L'autonomia differenziata si farà, noi rispettiamo il voto del referendum» in Veneto e Lombardia. Ma aggiunge: «Ovviamente il Parlamento dovrà essere parte attiva». Potrà modificare insomma, e non limitarsi ad approvare o respingere a maggioranza assoluta, l'autonomia differenziata prima che questa venga recepita nelle intese tra governo e le tre Regioni. Una frase, secondo i leghisti, che rivela l'intenzione del capo grillino di gettare la riforma «nella palude» e di farla slittare, appunto, a dopo le elezioni europee. Se non addirittura di affossarla, anche con l'aiuto del presidente dem della Campania Vincenzo De Luca, da ieri ufficialmente nel ruolo del guastatore.

I sospetti della Lega sono fondati. Dopo il tracollo in Abruzzo e con un elettorato concentrato soprattutto nel Centro-Sud, il via libera all'autonomia nordista sarebbe probabilmente per Di Maio il colpo del ko. Peggio di un «impensabile» sì alla Tav.
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