Governo, al Colle con la famiglia: il giuramento della normalità (e Bisconte fa l'occhiolino a Di Maio)

Governo, al Colle con la famiglia: il giuramento della normalità (e Bisconte fa l'occhiolino a Di Maio)
di Mario Ajello
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Venerdì 6 Settembre 2019, 08:03 - Ultimo aggiornamento: 13:04

L'immagine che racchiude tutto viene scattata a fine giuramento. Mattarella in mezzo, alla sua sinistra Conte e alla sua destra Franceschini. Il quale con la mano fa il gesto dello sciò al collega grillino Fioramonti in avvicinamento e si piazza lui, capo delegazione del Pd nel governo (con tanto di ufficio a Palazzo Chigi), tra il Capo dello Stato e il premier. Il significato è chiaro: i dem vogliono comandare nella compagine rosso-gialla. E il primo a saperlo o forse a volerlo, mezzo dem a sua volta, è Conte.

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Dev'essere per questo, per rassicurare Di Maio, che il capo del governo quando giura il ministro degli Esteri gli rivolge sorrisoni (più a lui che agli altri) e addirittura strizza l'occhiolino a Luigi. Il quale comunque è in preda alla letizia più assoluta, o almeno la ostenta fino a far commuovere Virginia, la fidanzata in tribuna, perché stava per diventare un sommerso e invece per il rotto della cuffia s'è rivelato un salvato. Capace anche di salvare i suoi protetti. Cioè il sottosegretario Fraccaro, che a un certo punto parla con la De Girolamo (moglie del neo-ministro Boccia ed ex ministra) e sembra uno che prende consigli da una più esperta di lui. E Bonafede di nuovo Guardasigilli che, scampato alla grande paura di tornare a casa, si gode il piacere di riesserci recitando il giuramento addirittura con la mano poggiata sul cuore. Il ministro dell'Ambiente, Costa, invece si ricorda di essere un generale e giura sbattendo i tacchi nel salone delle feste. Unica concessione alla solennità. Qui non si vuole trasmettere il pathos del nuovo inizio. Il messaggio che i ministri intendono dare è un altro: siamo nel palazzo più alto delle istituzioni e ci stiamo con la naturalezza di chi - al contrario del governo precedente - vuole pacificare e non spaccare. Insomma la normalità che viene ripristinata (anche nei vestiti semplici delle ministre) dopo l'eccezionalismo del periodo salvinista. Lo stesso Conte anzi Bisconte si sente più forte, quindi è più sciolto. Non è più il vice dei suoi vice, e si gode la scena tutta per sé tra sorrisi, carezze ai bambini e identificazione totale e quasi anche antropologica con Mattarella.
Se potesse griderebbe tra gli stucchi del Colle: avete visto come sono bravo, mi sono liberato sia di Salvini sia di Di Maio.

IL GRIDO STROZZATO
Il quale c'è, ma è costretto a chiedere protezione al ministro dell'Interno, la donna forte del governo, la Lamorgese, e sta sempre attaccato alla sua gonnella (in realtà un tailleur pantalone). Poi tutti via. Nessuna folla in piazza per protestare o per gioire (c'è solo un piccolo cartello con su scritto: «Salvini all'inferno subito») e i ministri che non si allontanano a piedi o in taxi, come altre volte in ossequio alla retorica anti-casta, ma con le autoblù (o meglio grigie). Macchine di servizio per tutti e dice Beppe Provenzano, neo-ministro del Sud: «Io mi sarei fatto molto volentieri una passeggiata. Ma per motivi d'ordine e di sicurezza ci hanno obbligato a usare l'auto con l'autista». Finto pauperismo adieu, evviva il rango ristabilito, ma poi dovranno arrivare i risultati politici per non lasciare a piedi l'Italia.
 

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