Giustizia, manovra e cantieri: il difficile Contratto rosso-giallo

Giustizia, manovra e cantieri: il difficile Contratto rosso-giallo
di Luca Cifoni
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Lunedì 19 Agosto 2019, 07:48
I punti di contatto sulla carta esistono. Ma se dovesse davvero concretizzarsi l'ipotesi di un esecutivo - più o meno di legislatura - tra M5S e Pd, entrare nel concreto di un contratto di governo sarebbe comunque una missione complessa e incerta. Sia per gli aspetti più strettamente di merito, sia per la difficoltà che le due formazioni politiche avrebbero a giustificare le convergenze dopo anni di aspre contrapposizioni. È il caso ad esempio della Tav, che di per sé non dovrebbe creare grandi problemi, perché la vicenda è stata sostanzialmente definita dal governo Conte, ma che è stata fino a pochi giorni fa terreno di scontro. E che è solo l'esempio più clamoroso di due visioni contrapposte in tema di infrastrutture.

La discussione si presenta complicata anche su punti come lavoro e lotta alla povertà. L'introduzione di un salario minimo è un cavallo di battaglia dei pentastellati, che hanno già avviato la discussione del progetto in Parlamento. Anche il Pd ha definito da tempo una propria proposta in materia, che però parte da presupposti abbastanza diversi: per i democratici infatti è fondamentale che le novità legislative non vadano a indebolire la contrattazione, come chiedono del resto anche i sindacati. Dunque il nuovo meccanismo andrebbe applicato come forma di tutela solo alle categorie più deboli per le quali non esistono i contratti nazionali. Per i 5Stelle invece il salario minimo avrebbe una validità molto più generale.

Quanto al reddito di cittadinanza, il Pd vorrebbe probabilmente rivederlo riportando in vigore alcune caratteristiche del vecchio reddito di inclusione, operazione non facilmente digeribile per i pentastellati. In materia di fisco, il confronto si potrebbe concentrare sull'abbattimento del costo del lavoro come alternativa alla flat tax; ma, di nuovo, sarebbero decisivi i dettagli. Ma è soprattutto sui temi della giustizia che le posizioni sono distanti. In questo caso il dialogo non è stato facile nemmeno tra M5S e Lega. Per quanto riguarda il taglio dei costi della politica, i democrat non sono contrari alla riduzione dei parlamentari ma vorrebbero inserirla in un riassetto più articolato. E nella discussione sarebbe difficile evitare i retaggi della riforma costituzionale di Renzi bocciata dal referendum.

Grandi opere. Il braccio di ferro sulla Gronda dopo l’ok alla Tav
Il Pd è favorevole da sempre alla Tav, ormai archiviata e in via di definitivo decollo dal mese di settembre. Le gare per far partire i cantieri sul fronte italiano sono infatti in dirittura d’arrivo. Anche grazie ai nuovi fondi europei che dovrebbero rendere meno onerosi i costi per Roma. Sul fronte opposto i grillini che, pur di non cedere, hanno rotto l’alleanza con la Lega proprio sulla tratta Torino-Lione, dando inizio alla crisi. Adesso la battaglia si sposta sulla Gronda di Genova, altra opera fondamentale per il Pd, ma bloccata dal ministro delle Infrastrutture grillino Danilo Toninelli. Anche qui fondi e autorizzazioni sono già stati ottenuti, ma i 5Stelle non vogliono dare l’ultimo via libera perchè la Gronda è di fatto realizzata sotto la regia di Autostrade per l’Italia. E la società del gruppo Atlanta è nel mirino dal crollo del Ponte Morandi. I pentastellati vogliono infatti revocare la concessione autostradale, o almeno continuano a minacciare di volerlo fare, mentre gli uomini del Pd hanno una visione diversa. Favorevole, tra l’altro, alle grendi opere infrastrutturali. 

Legge di bilancio. Linee divergenti su deficit e regole europee
La legge di Bilancio sarebbe naturalmente il primo gravoso impegno di una nuova maggioranza rosso-gialla. Con due visioni che però, al di là delle singole misure, appaiono al momento difficilmente conciliabili. Il Partito democratico infatti ha fortemente criticato in questi mesi i tentativi dell’attuale governo di forzare le regole di bilancio europee, portati avanti per due volte (con conseguenze sui mercati finanziari) e in entrambi i casi sostanzialmente rientrati in seguito ad un accordo con la commissione. Anche se al riavvicinamento con Bruxelles ha contribuito in maniera decisiva il premier Conte, il M5S resta schierato a favore di interventi costosi come il reddito di cittadinanza, mentre la manovra per il 2020 parte con la difficile ipoteca di 23 miliardi di entrate Iva da sostituire. Pur ammesso che ci sia qualche margine di ulteriore trattativa con Bruxelles, queste risorse non potrebbero essere trovate con il ricorso a nuovo deficit, visto che al nostro Paese viene comunque chiesto di riprendere il percorso di risanamento dei conti. E al Pd toccherebbe inevitabilmente il ruolo di difensore della disciplina fiscale. 

Giustizia. I contrasti più duri sui termini della prescrizione
Giustizialisti i pentastellati, garantisti i dem. È sul tema della giustizia, o meglio della sua riforma, che potrebberoemergere le maggiori differenze tra le due formazioni politiche. La questione della prescrizione è una nota dolente.La sua riforma, peraltro già realizzata, è ancora oggetto di un acceso dibattito: unico caso al mondo, la norma prevede che l’orologio del processo si blocchi con la sentenza di primogrado. Una polemica che i grillini avevano affrontato anche con gli ormai ex alleati del Carroccio. Di fatto i tempi sulla nuova prescrizione sonolegge dal gennaio 2019, tuttavia i leghisti si erano messi di traverso sin dal primo momento, e con la minaccia di bloccare l’intera legge, erano riusciti a vincolare l’entrata in vigore della prescrizione al gennaio 2020. Ebbene su questa materia così delicata anche il Pd è fortemente critico rispetto alla nuova norma. Per i dem l’approccio “tutti colpevoli” non è accettabile. E dunque, per moltiparlamentari del Pd sarebbe imbarazzante dare il voto favorevole ad altri progetti del ministro della Giustizia, il grillino Alfonso Bonafede.

Taglio deputati. I dem puntano a una riforma di un altro tipo
A nche sul taglio dei parlamentari il dialogo fra Pd e 5Stelle non sarà facilissimo. I paletti per capire cosa può accadere su questo tema sono due. Il primo: se la riforma viene approvata non si può votare per un anno. Il taglio modifica la Costituzione e dunque può essere sottoposto a referendum il che implica tempi lunghi. In questo caso specifico non si può votare perché non ha senso che una legge tagli i parlamentari da 945 a 600 per poi il giorno dopo rieleggerne 945. Secondo paletto: la riforma - come previsto dalla Costituzione - è stata già votata tre volte, due al Senato e una alla Camera. Per vararla è sufficiente che i deputati la approvino in quarta lettura. Già, ma con quale maggioranza? Finora la riforma ha avuto l’appoggio di M5S e Lega. Il Pd, invece, che pure intravede una nuova maggioranza coi 5Stelle, non sembra disposto ad appoggiarla perché ha molti difetti come quello di varare collegi maggioritari con 800.000 elettori. Un record mondiale. I dem sembrano intenzionati a far entrare il tema dei tagli dei parlamentari nella trattativa complessiva coi 5Stelle che potrebbe comprendere una nuova legge elettorale.
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