Da Kim Kardashian a Leonardo DiCaprio, ecco perché i vip di Hollywood protestano contro i social

Da Kim Kardashian a Leonardo DiCaprio, i vip di Hollywood protestano contro i social che non controllano i messaggi di odio
di Anna Guaita
2 Minuti di Lettura
Mercoledì 16 Settembre 2020, 22:52
NEW YORK – Ventiquattr’ore di silenzio. Kim Kardashian ha informato ieri i suoi 184 milioni di followers su Facebook e Instagram che intendeva aderire alla giornata #StopHateForProfit (bloccate l’odio per profitto) ideata per protestare contro lo scarso controllo che le piattaforme fanno sui messaggi di odio e violenza. La recente sparatoria di Kenosha, dove un giovane aderente alle milizie di estrema destra ha ucciso due manifestanti e ne ha ferito uno, ha riacceso le critiche, e lo stesso Mark Zuckerberg ha ammesso di essere intervenuto troppo tardi nel bloccare gli account delle milizie.
 
Kim ha così spiegato ai suoi fan la decisione: «Non posso starmene seduta in silenzio mentre queste piattaforme consentono la diffusione di odio, propaganda e cattiva informazione, per poi intervenire solo quando qualcuno è ucciso».
 
Accanto alla star dei reality show si sono schierati altri big di Hollywood, da Katy Perry, Leonardo DiCaprio, Ashton Kutcher, Mark Ruffalo, Kerry Washington, Rosario Dawson, Jamie Foxx, fino a Sacha Baron Cohen, il regista e comico britannico. Secondo Cohen, Facebook è «il più grande editore della storia» e dovrebbe obbedire agli stessi standard e doveri a cui «ogni giorno sono sottoposti giornali, riviste, telegiornali».
 
La giornata senza vip su Facebook non cambierà molto, ma essa fa parte di un progetto, lo #StopHateForProfit appunto, che ha già lanciato altre iniziative, per esempio il boicottaggio pubblicitario dello scorso luglio, al quale hanno partecipato ditte di calibro mondiale.
 
Lanciato da Patagonia, Levi’s, North Face, il boicottaggio aveva aggiunto la CocaCola, la società multinazionale Unilever, la Verizon (la seconda società telefonica per grandezza al mondo), la Hershey, una delle più grandi produttrici di cioccolata e caramelle del mondo, e la Honda Usa. A dire il vero, anche quella campagna non è stata una vera minaccia per l’azienda di Menlo Park, considerato che Facebook ha raccolto l‘anno scorso 70 miliardi in pubblicità, da ben 8 milioni di inserzionisti.
 
E comunque ci sono metodi subdoli per aggirare i controlli, come ha dimostrato ieri la sospensione di decine di account di giovani, che erano stati pagati dalla campagna elettorale di Donald Trump per postare messaggi falsi o insinuanti sul virus, sulle manifestazioni, su Joe Biden. Gli account sospesi sono qualche migliaio, ma si sospetta che fossero molti di più e siano in massima parte sfuggiti ai controlli.
 
Tuttavia i gruppi che organizzano #StopHateForProfit non intendono abbassare la guardia. Gruppi come il Naacp (National Association for People of Color), Anti-Defamation League e Color of Change, sono sostenuti da migliaia di attivisti che si identificano nel movimento nazionale antirazzismo esploso quest’estate sull’onda dell’uccisione di vari uomini afro-americani da parte della polizia. Di Caprio si è schierato con questi attivisti: «Dovremmo tutti protestare contro Instagram e Facebook quando ampliano i messaggi di odio e di razzismo, e quando minano alla base la nostra democrazia».
© RIPRODUZIONE RISERVATA