Francesco Schettino, l'ex comandate della Costa Concordia, rinuncia alla semilibertà. È quanto annunciato dal suo difensore, Francesca Carnicelli. «Questa mattina abbiamo rinunciato - annuncia - perché ci sono state difficoltà con la proposta lavorativa che era stata sottoposta al tribunale di Sorveglianza di Roma».
Schettino è stato condannato in via definita a 16 anni per la tragedia del 2012 quando morirono 32 persone.
La sopravvissuta: «Vivrà per sempre con il peso della tragedia»
Una scelta che non è però definitiva: l'uomo che era al comando della nave che la notte tra l'11 e il 12 gennaio di 13 anni fa andò contro gli scogli dell'Isola del Giglio potrebbe, infatti, tornare a sollecitare la semilibertà. «In futuro se ci risaranno i presupposti per poterla proporre di nuovo lo faremo», aggiunge il difensore.
Schettino rinuncia alla semilibertà
Il procedimento è stato chiuso: il tribunale si è pronunciato con il non luogo a provvedere alla luce della decisione del detenuto.
Nelle scorse settimane era emerso che Schettino avrebbe potuto svolgere attività lavorativa presso la Fabbrica di San Pietro, per occuparsi, nell'ambito del progetto 'Seconda Chance', della digitalizzazione del patrimonio culturale. La Santa Sede infatti ha aderito a un progetto per consentire il lavoro all'esterno del carcere per i detenuti ammessi alla semilibertà, e il protocollo firmato tra l'associazione e il Vaticano prevede proprio il lavoro all'esterno dell'istituto di pena come strumento per il reinserimento nella società dei detenuti. Ma secondo quanto dichiarato dal difensore potrebbero essere sorti problemi proprio su questa opzione.
La condanna
L'ex comandante della Costa Concordia è recluso nel carcere di Rebibbia dal 13 maggio 2017, dopo la sentenza che lo ha condannato per omicidio colposo plurimo, lesioni colpose, naufragio colposo e abbandono dell'imbarcazione. Il 12 gennaio 2013, infatti, nel naufragio di fronte all'Isola del Giglio, persero la vita 32 persone, vittime di quello che divenne il celebre «inchino» di fronte l'abitato, a ridosso della costa. La vicenda giudiziaria, che ebbe un grandissimo clamore mediatico anche all'estero, comincia proprio a pochi giorni dal disastro, il 16 gennaio, quando Schettino venne arrestato. Il comandante finì prima in carcere e poi ai domiciliari (confermati poi in Cassazione).
La revoca dei domiciliari
Il giorno successivo venne poi diffusa la telefonata con il capitano della Capitaneria di Livorno, Gregorio De Falco: l'ordine di quest'ultimo a Schettino, quel «vada a bordo, c....», fece il giro del mondo. Il 5 luglio dello stesso anno vennero revocati i domiciliari per il comandante, per il quale restò però l'obbligo di dimora a Meta di Sorrento. Sul finire dell'anno, il 20 dicembre, si chiusero le indagini: 8 gli indagati, compreso Schettino stesso. Per lui le accuse furono di omicidio plurimo colposo, naufragio, abbandono di persone incapaci di provvedere a se stesse, abbandono di omicidio nave e omessa comunicazione dell'incidente alle autorità marittime. Il 22 maggio 2013 il gup rinviò a giudizio Schettino revocando l'obbligo di dimora.
Il patteggiamento
A luglio le prime condanne: cinque coimputati patteggiarono pene tra un anno e 6 mesi e due anni e 10 mesi. Il 15 febbraio 2015 arrivò la condanna a 16 anni, confermata poi anche dalla corte d'appello di Firenze. La sentenza è diventata definitiva il 12 maggio 2017 in Cassazione. Nell'ambito del processo Costa Crociere patteggiò una sanzione da un milione di euro. Schettino si costituì nel carcere di Rebibbia e da allora non fece più trapelare notizie, dichiarazioni o informazioni. Durante la reclusione ha mantenuto una condotta tale che gli ha consentito di usufruire di permessi premio e di un lavoro all'interno del carcere. Dal 2020, inoltre, ha lavorato alla digitalizzazione di alcuni processi. Il legale ha presentato l'istanza per la semilibertà e sono state celebrate quattro udienze, tutte rinviate per approfondimenti da parte dei giudici. Martedì si attende la decisione da parte del tribunale di Sorveglianza. Nel caso in cui venisse concessa la semilibertà, Schettino potrebbe lasciare il carcere durante il giorno per un lavoro esterno. «Quello che possiamo fare - il commento dell'avvocato Astarita - è aspettare con fiducia».