Nel momento in cui i paesi confinanti con l'Ucraina si stanno organizzando per gestire il flusso di migranti (un milione è già fuggito e l'UE stima che ne saranno circa 7-8 milioni), gli hacker russi attaccano il sistema di gestione logistica dei profughi. A certificarlo è una società di sicurezza americana chiamata Proofpoint che ha anche individuato da dove è partito l'attacco: la Bielorussia. Sono stati presi di mira i sistemi informatici europei utilizzando l'indirizzo email di un esponente delle forze armate ucraine che ha portato il malware Sunseed direttamente nelle caselle email di chi si occupa della gestione dei rifugiati, quindi esperti di logistica e amministrazione dei fondi destinati alla crisi umanitaria. L'intenzione degli hacker filo russi sembra essere chiara e arriva all'indomani di un massiccio attacco da parte di Anonymous, il collettivo di hacker mascherati, schierato convintamente dalla parte dell'Ucraina e che ha messo in crisi i siti del Cremlino, del ministero della Difesa russo, dell'agenzia spaziale e della rete ferroviaria bielorussa oltre che di una serie di aziende che si occupano di gas, come Gazprom.
Anonymous diffonde i documenti russi che prevedevano la guerra lampo in Ucraina già il 18 gennaio
Anche Microsoft sta fornendo supporto tecnologico alle organizzazioni non governative impegnate a gestire la crisi umanitaria scatenata dal conflitto.
E questo mentre Netflix, oltre ad annunciare la censura di programmi di propaganda russa sulla sua piattaforma, ha sospeso ogni progetto in Russia tra cui la produzione di «Anna K», la rivisitazione in chiave contemporanea del romanzo «Anna Karenina» di Tolstoj. Il casus belli è stata una legge voluta dall'agenzia per le telecomunicazioni russe entrata in vigore nei giorni scorsi che obbligava Netflix a ospitare venti canali di stato. Una soluzione così drastica l'ha adottata anche Spotify. Il gigante dello streaming musicale ha chiuso i suoi uffici in Russia e ha rimosso dal suo servizio di contenuti sponsorizzati dallo stato russo. Ma anche sul fronte interno Putin deve registrare proteste. Dopo la chiusura della tv indipendete Dozhd (già da un paio di giorni visibile solo su Youtube) e del giornale l'Eco di Mosca, anche Meduza, altra testata autonoma, ha denunciato in un editoriale di essere sulla lista degli indesiderati e quindi prossima a chiudere i battenti. Limitazioni anche per i siti della BBC dopo la scelta della storica emittente di tornare alle onde corte che usava durante la Seconda guerra mondiale per continuare a trasmettere in Russia e Ucraina. Come ai tempi di Radio Londra del colonnello Stevens, che rassicurava gli italiani con la sua voce pacata e l’accento inglese-napoletano.