È un processo che ha «qualcosa di storico», ha ammesso perfino l'avvocato di Jennifer W., sposa dell'Isis rientrata in Germania dall'Iraq e condannata oggi dalla Corte di appello di Monaco a 10 anni di carcere per crimini contro l'umanità. Sei anni fa l'imputata non fece nulla, secondo chi ha emesso la condanna, per salvare una bimba della minoranza yazida di 5 anni, incatenata al sole in pieno giorno e lasciata morire di sete dal suo ex marito, alla sbarra in un altro processo a Francoforte. I magistrati sono convinti che Jennifer W. abbia anche minacciato la madre, che veniva sfruttata come schiava dalla coppia, di ucciderla sparandole se non avesse smesso di piangere la sua piccola.
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Il processo
Eppure con questo passato alle spalle, la donna è rimasta sconvolta dalla sentenza e ha subito cercato con gli occhi il suo avvocato in cerca di conforto, prima di mettere la testa fra le mani.
Il processo, iniziato nell'aprile 2019, fece un certo clamore, anche per il ruolo di Amal Clooney che ha rappresentato la madre della bambina, pur senza mai comparire in aula. Secondo l'associazione Yazida quello di Monaco è stato il processo aperto sulla prima denuncia di un esponente di questa minoranza religiosa contro i reati dell' Isis. Una violenza che neppure il legale di Jennifer W. ha potuto e voluto negare: «Che l' Isis perseguiti in modo brutale gli yazidi è fuori discussione. Nessuno può disconoscere questa sofferenza», ha affermato.
Il caso specifico però riguarda la partecipazione personale della sua cliente al delitto, ha affermato Ali Aydin. E il fatto che la corte abbia ammorbidito le accuse della Procura, che aveva chiesto invece l'ergastolo per crimini di guerra, è stato «comunque un successo». Sul processo di Monaco è intervenuta anche Nadia Murad, premio Nobel per la pace: «Ogni sopravvissuto con cui io abbia parlato, aspetta la stessa cosa. Che i carnefici rispondano dei loro reati contro gli yazidi, in particolare contro donne e bambini, e che vengano portati davanti al tribunale perché i loro delitti siano perseguiti».
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