Libano, razzi contro la base Unifil: feriti quattro italiani. Crosetto: «Adesso un esame sulla situazione»

Tutto è accaduto nelle prime ore di venerdì, quando due razzi da 122 millimetri hanno centrato la base di Shama

(COMBO) Il luogo dell'attacco e l'auto dei quattro caschi blu della Brigata Sassari i militari rimasti ferit nell'attacco alla base Unifil nel Libano, Shama, 22 novembre 2024 ANSA/NPK
di Lorenzo Vita
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venerdì 22 novembre 2024, 22:10 - Ultimo aggiornamento: 23 novembre, 07:56

Nessuno in pericolo di vita. Dalla base di Shama, quartier generale italiano nel Libano del sud, sono arrivate subito le prime rassicurazioni. Un sospiro di sollievo per tutti. Per i colleghi, per lo Stato maggiore, per il governo, ma soprattutto per amici e parenti di quegli oltre mille uomini delle forze armate schierati lungo la Blue Line. Una linea di confine (di demarcazione, come precisano da Unifil) che ora è diventata la linea del fronte.

Tutto è accaduto nelle prime ore di venerdì, quando due razzi da 122 millimetri hanno centrato la base di Shama colpendo un bunker e un locale vicino alla sede della polizia militare. Il boato è stato fortissimo. L’onda d’urto ha distrutto alcuni vetri e le schegge hanno ferito quattro militari della Brigata Sassari. Ferite lievi, subito medicate dagli infermieri della base. I militari giravano ben protetti, i bunker pronti a ogni evenienza, con i livelli di allerta innalzati da tempo per la pioggia di fuoco scambiata tra Hezbollah e israeliani nelle vicinanze di Unifil. Ma i segnali arrivati dal Libano meridionale con l’ultima ondata di incidenti nelle basi Onu è un segnale chiaro: le fiamme del conflitto ora circondano i caschi blu.

LA DINAMICA

La dinamica dell’attacco è molto simile a quanto avvenuto lo scorso martedì, quando i razzi avevano colpito non solo la base di Shama, ma anche un altro avamposto, quello di Ramyah, dove i militari ghanesi rimasti feriti sono stati trasportati d’urgenza in un ospedale a Tiro. Come nell’ultima ondata di missili, anche questa volta non ci sono dubbi. Si tratta di “Grad”, vecchie conoscenze degli arsenali sovietici e che da tempo fanno parte dell’armamentario di Hezbollah. «Qualsiasi attacco contro le forze di pace costituisce una grave violazione del diritto internazionale e della Risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu», hanno sottolineato da Unifil. Uno sdegno che è arrivato anche dall’Italia e dall’Unione europea. Ma l’escalation fa capire come sia radicata la presenza dei miliziani sciiti e quanto sia difficile l’operazione messa in atto da Israele. Secondo fonti a conoscenza della situazione sul campo, le incursioni dell’Idf sono continue ma limitate per evitare di prestare il fianco alla guerriglia di Hezbollah. Le forze dello Stato ebraico vanno sempre più in profondità, in quella che, come ha scritto il Times of Israel, viene chiamata la “seconda linea” dei villaggi. Ma non è possibile spingersi troppo in là senza mettere in sicurezza anche le retrovie. E gli scontri in questi giorni sono aumentati di intensità per diverse ragioni. In parte perché si sta avvicinando l’inverno, le piogge sono già iniziate, fa buio presto e i comandi di Tel Aviv non vogliono rimanere impantanati nel fango e nel freddo delle montagne libanesi. Ma c’è anche un tema politico: il negoziato sulla tregua. E il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, e il leader di Hezbollah, Naim Qassem, vogliono siglare l’accordo nella migliore posizione possibile.

TRATTATIVE

Le trattative non sono semplici, anche se da Beirut (e dallo stesso Partito di Dio) sono arrivati segnali di apertura. Fonti del governo libanese sostengono che la prossima settimana potrebbe essere decisiva, quando l’inviato di Joe Biden, Amos Hochstein, farà il punto della situazione con il presidente e i più alti funzionari di Washington. In linea di massima, Israele e Libano vogliono una tregua, così come la vogliono i miliziani filoiraniani. Ma “il diavolo si nasconde nei dettagli”.

E qui i dettagli riguardano le tempistiche del ritiro delle forze israeliane, la messa in sicurezza del nord dello Stato ebraico, come e quando può avvenire la ritirata di Hezbollah a nord del fiume Litani e quanta libertà di manovra avrà Israele una volta dato l’ok alla tregua. Non proprio elementi di secondo piano, soprattutto perché Netanyahu ha già fatto capire di volere far tornare gli sfollati israeliani nel nord. E senza una completa messa in sicurezza del sud del Libano e un definitivo allontanamento dei miliziani filoiraniani, la guerra non verrà fermata.

LA REAZIONE

Sul caso è intervenuto il ministro della Difesa Guido Crosetto che su X ha postato: «Ho chiesto al rappresentante militare italiano all’Onu di sollecitare un esame approfondito della situazione sul campo e dei rischi, seguito da una presa di posizione chiara delle Nazioni unite che tenendo conto dell’evoluzione in atto, si spenda per allontanare i conflitti dalla basi Unifil. Mi sono infine rivolto al capo delle forze armate libanesi per chiedere anche a lui di spendere la sua leadership nel paese per garantire la sicurezza dei nostri militari»

IL CONFLITTO

Ieri, Hezbollah ha lanciato ancora decine di razzi contro la Galilea e verso Haifa. E i caccia israeliani hanno di nuovo bombardato diverse aree del Libano, con due ondate di attacchi che hanno preso di mira anche l’area di Tiro, lungo la costa, e la zona meridionale di Beirut, nei quartieri che sono il santuario di Hezbollah nella capitale libanese. Netanyahu, su cui ora pende anche il mandato di arresto della Corte penale internazionale, ha scatenato nei confronti dei combattenti filoiraniani una guerra totale. Un conflitto che sul fronte nord si sta espandendo anche in Siria e che inizia a lambire anche l’Iraq. Nell’ultimo raid a Palmira, in Siria, sono stati uccisi diversi uomini delle milizie popolari irachene. L’Idf ha eliminato altri comandanti di Hamas e il capo dell’unità missilistica del Jihad islamico palestinese. Ma ieri le autorità locali hanno lanciato un grido d’allarme drammatico: se non arriva carburante, tutti gli ospedali di Gaza dovranno chiudere o ridurre drasticamente la loro attività entro le prossime 24 ore.

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