Libano, i militari italiani rifugiati nei bunker: quanti sono e cosa fanno i soldati Unifil. «Grande instabilità, la Linea blu è fragile»

Si surriscalda sempre più il fronte nord di Israele con il Libano, dal quale gli Hezbollah, vicini all'Iran, hanno mostrato un atteggiamento via via più aggressivo e provocatore nei confronti dell'esercito israeliano

Libano, i militari italiani rifugiati nei bunker: quanti sono e cosa fanno i soldati Unifil. «Grande instabilità, la Linea blu è fragile»
di Marta Giusti
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Mercoledì 11 Ottobre 2023, 20:26 - Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 07:55

Sono ore di preoccupazione per i militari italiani della missione Onu di Unifil in Libano, che si sono dovuti rifugiare precauzionalmente nei bunker delle proprie basi. Si surriscalda sempre più il fronte nord di Israele con il Libano, dal quale gli Hezbollah, vicini all'Iran, hanno mostrato un atteggiamento via via più aggressivo e provocatore nei confronti dell'esercito israeliano: lungo la Linea Blu di demarcazione tra i due Paesi non si registrano vittime, ma il partito armato filo-iraniano ha rivendicato l'attacco a un carro armato nemico mentre Israele ha distrutto una torretta dei jihadisti sciiti. Quanti sono i militari italiani attualmente presenti in Libano e perché si trovano lì?

 

 

Il contingente italiano in Libano: i numeri

La partecipazione italiana a Unifil, che sta per "United Nations Interim Force in Lebanon” e si sviluppa sotto l'ombrello dell'Onu, è iniziata nel 1979.

Nel 2022 erano 1.169 le unità massime del contingente italiano impiegato, con sede a Naqoura: nella missione sono impiegati 368 mezzi terrestri, sette aerei e una nave. Obiettivo di Unifil è evitare che l'area di operazioni sia utilizzata per attività ostili e impedire gli eventuali tentativi di limitare l'assolvimento dei compiti previsti dal mandato del Consiglio di sicurezza Onu. 

La missione di addestramento

Personale militare italiano partecipa inoltre alla missione bilaterale di addestramento delle Forze armate libanesi (MIBIL). La missione è volta a incrementare le capacità complessive delle Forze di sicurezza libanesi, sviluppando programmi di formazione e addestramento preventivamente concordati con le autorità libanesi. Iniziata il 28 gennaio 2015, coinvolge 160 militari (un mezzo navale e uno aereo).

 

La situazione attuale

Dopo la risposta israeliana agli attacchi dal Sud del Libano, i militari italiani della missione Onu di Unifil sono entrati al riparo nei bunker delle proprie basi a scopo precauzionale. La procedura, a quanto si apprende, è avvenuta su disposizione della autorità militari del Comando di Unifil. Secondo quanto riferito, si sentono colpi di artiglieria lontani dall'area di responsabilità italiana. Anche le truppe che in quel momento facevano pattugliamento sono riparate nella prima base utile a loro disposizione.

«La situazione è di attesa, ma la momento 'di stabile instabilità'. Questa mattina ci sono stati dei lanci di razzi da parte libanese verso Israele che ha risposto al fuoco in diverse parti del sud del Libano - ha spiegato all'Adnkronos il portavoce di Unifil Andrea Tenenti - Noi ci siamo adoperati per parlare sia con l'esercito libanese che israeliano, unica organizzazione internazionale che parla con entrambi i paesi che sono in guerra e non hanno alcun tipo di comunicazione, relazione né tantomeno un confine, considerato che la linea di demarcazione da noi controllata è ancora abbastanza fragile». 

«L'asset di tutta la missione, del nostro contingente, non è cambiato. Più di mille i soldati operativi - sottolinea Tenenti - Certamente quando ci sono attività che possono mettere a repentaglio la vita dei peacekeepers, come il lancio di razzi, si sta nei bunker fino a quando non finiscono gli scontri a fuoco. La missione però continua nel parlare con le parti, rimangono le mediazioni del comandante Unifil. Il contingente italiano non solo è presente ma operativo, controlla il territorio con diverse centinaia di attività quotidiane».

 

I rischi per i nostri militari

«Il rischio principale è quello di un errore che può far scoppiare un conflitto che nessuno vuole e soprattutto dopo il più lungo periodo di stabilità che il Libano abbia mai vissuto, 17 anni: dal 2006 non c'é mai stato un conflitto, incidenti sì ma un conflitto vero e proprio no», spiega Tenenti. «L'importante - conclude - è che rimangano l'impegno delle parti e l'attenzione per evitare che sfoci in un conflitto molto più vasto. Infiltrazioni dal Libano non le abbiamo monitorate e vengono confermate dall'esercito israeliano, sono stati invece lanciati dei razzi. Unifil è presente, contrariamente alle voci di soldati che stavano lasciando le posizioni. Non cambia l'asset né il numero». 

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