Netanyahu contro Biden: «Prenderemo il controllo di Gaza». Casa Bianca: «Ci opponiamo alla rioccupazione»

Molti osservatori sui media Usa notano proprio la scarsa influenza dell'amministrazione nell'imporre le sue posizioni

Netanyahu contro Biden: «Prenderemo il controllo di Gaza». Casa Bianca: «Ci opponiamo alla rioccupazione»
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Martedì 7 Novembre 2023, 20:33 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 00:15

Benyamin Netanyahu non lo aveva mai detto così esplicitamente: la presenza militare di Israele a Gaza si prolungherà anche dopo la fine della guerra, non solo nel nord. Con buona pace di Joe Biden, che considera un gravissimo errore, una volta sconfitta Hamas, occupare militarmente la Striscia, come accaduto fino al 2005. Riportando così indietro l'orologio del tempo.

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Lo scontro

Le parole del premier israeliano, davanti alle telecamere della Abc, lasciano poco spazio alle interpretazioni: portata a compimento l'operazione per annientare il nemico, «la responsabilità della sicurezza nella Striscia resterà nelle nostre mani per un periodo indefinito, perché abbiamo visto cosa succede quando non ce l'abbiamo».

E per quanto riguarda la richiesta di pause umanitarie, avanzata soprattutto da Washington, il premier israeliano non ha spostato di un millimetro la sua posizione: nessuna tregua e nessun cessate il fuoco senza prima il rilascio degli oltre 240 ostaggi israeliani rapiti lo scorso 7 ottobre.

La risposta

La replica di Washington non si è fatta attendere, col portavoce del Dipartimento di Stato che altrettanto chiaramente ha avvertito: «Gli Stati Uniti si oppongono alla rioccupazione di Gaza da parte di Israele. E non sostengono nessun trasferimento forzato di palestinesi fuori da Gaza». Sono in molti ad aver letto le affermazioni di Netanyahu come uno schiaffo alla Casa Bianca. Tanto più che il premier israeliano ha scelto proprio una delle più seguite emittenti statunitensi per chiarie una volta per tutte il suo pensiero, incurante del fatto che le richieste e i piani del suo principale alleato siano ben diversi. Non a caso tra i più stretti consiglieri di Biden si parla di un presidente colto alla sprovvista, che in privato non nasconde la frustrazione per non essere riuscito finora ad incidere in maniera efficace sulla crisi.

Le relazioni

Il rapporto con Netanyahu, notoriamente più vicino a Donald Trump, rischia dunque di incrinarsi definitivamente. Del resto le due missioni compiute in Israele dal segretario di Sato Usa Antony Blinken non sono bastate per far passare la linea di Washington. Mentre verso Biden monta la pressione non solo da parte degli alleati arabi ma anche sul fronte interno. Le critiche non mancano. Molti osservatori sui media Usa notano proprio la scarsa influenza dell'amministrazione nell'imporre le sue posizioni, nonostante i circa 4 miliardi l'anno di aiuti militari versati nella casse di Israele. Ma una fronda cresce anche all'interno del Dipartimento di Stato, dove una parte dello staff diplomatico - in un memo diffuso da Politico - critica duramente la gestione della crisi da parte della Casa Bianca, accusandola di non essere abbastanza ferma nel condannare pubblicamente «le violazioni da parte di Israele delle norme internazionali» e «l'incapacità di limitare le operazioni offensive a obiettivi militari legittimi». Così mentre sulle due sponde dell'Atlantico si ipotizzano i possibili futuri scenari per la Striscia - tra cui l'ipotesi di una transizione simile a quelle dell'Unifil in Libano o della Kfor in Kosovo, rilanciata dal ministro degli Esteri Antonio Tajani - Netanyahu tira dritto per la sua strada. La prospettiva di una prolungata occupazione militare della Striscia di Gaza - come avvenuto dal 1967 al 2005 - non lo spaventa. Anzi, lo ritiene necessario per garantire sicurezza al suo Paese e agli stessi palestinesi, e per assicurarsi che Hamas non riesca mai più a riorganizzarsi. Mentre tra i possibili scenari figura anche quello che prevede l'adozione nella Striscia del modello dei territori palestinesi della Cisgiordania, dove l'Anp governa gli aspetti civili e amministrativi ma non quelli militari, in mano a Israele. Intanto ha fatto sentire la sua voce anche il leader centrista Banny Gantz, che molti vedono in pole position per il dopo Netanyahu. Israele, ha spiegato, «non vuole affatto cancellare Gaza, ma impediremo che dalla Striscia provengano minacce alla nostra sicurezza».

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