Impeachment di Trump, il voto finale mercoledì in Senato. Strada spianata per l'assoluzione

Impeachment di Trump, no a testimoni: strada spianata per l'assoluzione
4 Minuti di Lettura
Sabato 1 Febbraio 2020, 00:47 - Ultimo aggiornamento: 00:58

Il Senato Usa ha detto no a nuovi testimoni e nuove carte nel corso del processo per impeachment nei confronti di Donald Trump, di fatto spianando la strada per l'assoluzione del presidente americano. «Una vergogna. Nessun testimone, nessun documento, il Senato si è sottratto alle sue responsabilità. L'assoluzione di Donald Trump così non avrà alcun valore. L'America ricorderà questo sciagurato giorno», ha commentato a caldo il leader della minoranza democratica in Senato Chuck Schumer.

Il voto finale sull'impeachment di Donald Trump in Senato è stato fissato per mercoledì, il giorno dopo il discorso sullo stato dell'Unione che il presidente terrà davanti al Congresso in seduta plenaria. Lo anticipano alcuni media in attesa di una comunicazione ufficiale. Repubblicani e democratici avrebbero deciso di fare un break nel weekend, anche per permettere ai tre senatori candidati alla Casa Bianca (Sanders, Warren e Klobuchar) di fare campagna elettorale alla vigilia delle primarie dem in Iowa. Le arringhe finale di accusa e difesa partiranno lunedì.

LEGGI ANCHE --> Trump, al via l'impeachment: Nancy Pelosi nomina i membri dell'accusa

Per Donald Trump, che proprio nel momento in cui si votava si imbarcava sull'Air Force One per recarsi in Florida, nella sua Casa Bianca d'Inverno di Mar-a-Lago, potrebbe essere dunque il giorno della verità. In una giornata drammatica, in apertura d'udienza era arrivata la notizia che ha fatto tirare un sospiro di sollievo al presidente e alla leadership del Grand Old party, gelando le speranze dell'opposizione: la senatrice repubblicana dell'Alaska Lisa Murkowski non avrebbe votato a favore della richiesta dem di convocare nuovi testimoni, a partire dall'ex consigliere per la sicurezza John Bolton. «La Camera ha scelto di inviare articoli d' impeachment che sono frettolosi e carenti. Ho considerato attentamente la necessità di ulteriori testimoni e documenti, per sanare le lacune del processo, ma alla fine ho deciso di votare contro», ha spiegato. Questo dopo che anche un altro senatore repubblicano incerto, Lamar Alexander, aveva annunciato la stessa scelta, pur con motivazioni diverse: «Non c'è necessità di ulteriori evidenze per provare qualcosa che è già stato provato ma che non arriva al livello di un'illecito da impeachment».

Solo Mitt Romney e Susan Collins si hanno votato a favore dell'istanza dei democratici, che così sono arrivati a contare 49 voti sui 51 necessari. Se anche la Murkowski si fosse unita a loro, sul 50-50 i dem avevano preannunciato l'intenzione di chiedere al capo della corte suprema, che presiede il dibattimento, di dare il suo voto decisivo. Ma ben difficilmente John Roberts - nominato da George W. Bush - avrebbe fatto un passo del genere, assumendosi la responsabilità di condannare il presidente. Il no ai testimoni è arrivato nonostante le ultime rivelazioni esplosive del New York Times, basate sul manoscritto del libro di John Bolton: oltre due mesi prima di chiedere al presidente ucraino di indagare i Biden, Donald Trump ordinò al suo consigliere per la sicurezza di aiutarlo nelle sue pressioni su Kiev in una riunione nello studio Ovale cui parteciparono il chief of staff Mick Mulvaney, il suo avvocato personale Rudy Giuliani e l'avvocato della Casa Bianca Pat Cipollone, che guida il team difensivo nel processo d' impeachment. Era l'inizio dello scorso maggio, racconta Bolton, quando Trump gli disse di chiamare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che aveva appena vinto le elezioni, per assicurarsi che avrebbe incontrato Giuliani. L'avvocato personale del tycoon stava pianificando un viaggio in Ucraina per discutere le indagini che stavano a cuore al tycoon. Ma Bolton non fece mai quella telefonata e quando realizzò la portata e lo scopo delle pressioni cominciò ad obiettare: una versione confermata dalla testimonianza di una sua ex assistente, Fiona Hill, la quale ha riferito alla Camera un monito dello stesso Bolton: Giuliani è «una bomba a mano che esploderà contro tutti».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA