Addio a Tesler/ La semplice genialità del “copia e incolla”

Larry Tesler
di Alessandro Perissinotto
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Venerdì 21 Febbraio 2020, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 10:57
Si chiamava Larry Tesler, aveva 74 anni ed è scomparso lunedì scorso. Il nome potrebbe non dire granché, ma se la vostra giornata lavorativa è più semplice potete dire grazie alle sue idee rivoluzionarie. Tesler era nato il 24 aprile del 1945 a New York e aveva poi frequentato la Stanford University specializzandosi in interazione uomo-computer. Nel 1973 lo troviamo allo Xerox Palo Alto Research Center, il primo nucleo di quella che poi sarebbe diventata la Silicon Valley, e lo troviamo impegnato nella progettazione della prima interfaccia grafica che sostituiva i comandi testuali.

Nessuna delle parole che vedete qui sopra è stata scritta da me: sono tutte frutto di “copia e incolla”; sì perché il contributo di Lawrence Gordon Tesler all’informatica (e forse anche alla storia dell’umanità) risiede proprio nell’invenzione del “copia/taglia e incolla”, cioè di quella sequenza di procedure che ci consente di riprodurre all’infinito una porzione di testo. 

Se ho detto che l’apporto di Tesler forse va ben oltre lo stretto dominio dell’informatica è perché la questione della “riproducibilità tecnica” ha sempre avuto un ruolo centrale nella storia del progresso umano. Nel 1935 Walter Benjamin scrive uno dei suoi saggi più famosi: “L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica”. In quelle pagine, il filosofo tedesco mette in evidenza come, potendo essere riprodotta migliaia e migliaia di volte attraverso la fotografia o il cinema, l’opera d’arte perda la sua “aura” e diventi prodotto di consumo. Ma prima ancora della fotografia, era stata l’invenzione della stampa a trasformare il mondo introducendo nella cultura la riproducibilità tecnica del testo scritto. 

La riproducibilità tecnica non è mai una novità assoluta: prima dell’invenzione di Gutenberg si potevano riprodurre i libri ricopiandoli a mano, prima della fotografia si potevano riprodurre dipinti e sculture rifacendole allo stesso modo, prima del “copia e incolla” si potevano riprodurre parti di testo semplicemente riscrivendole (ricordo che, negli anni delle elementari, la frase “non devo disturbare i compagni”, ricopiata rigorosamente a penna, ha occupato pagine e pagine dei miei quaderni). 

La novità introdotta dalla parola “tecnica” riguarda la facilità con la quale la riproduzione avviene e la facilità fa la differenza tra praticabile e non praticabile. Per fare un esempio fuori contesto dirò che lo zapping televisivo si poteva fare anche senza il telecomando: bastava alzarsi dalla poltrona, cambiare canale, risedersi, rialzarsi, cambiare canale e così via: la scomodità della procedura ci dice che prima che inventassero il telecomando nessuno faceva zapping, mentre dopo hanno preso a farlo tutti e questo ha trasformato per sempre la natura dei programmi televisivi. 

Allo stesso modo, l’invenzione di Tesler ha trasformato il modo in cui oggi percepiamo un certo numero di concetti quali il plagio, la ripetizione o la coerenza testuale.
Prima che esistesse il “copia e incolla”, appropriarsi di un testo altrui e includerlo nel proprio era un’operazione che richiedeva un certo impegno; come minimo, per plagiare un brano dovevi leggerlo e scriverlo. Oggi nel web ci sono miliardi di pagine che non sono altro che la copia di altre pagine e quella copia è stata effettuata senza neppure domandarsi cosa ci fosse scritto, effettuata con la sequenza Ctrl+C – Ctrl+V (o simili). 

Sui siti di informazione ci sono notizie completamente copiate da altri siti di informazione, senza che il “copiatore” si sia preoccupato di capire cosa quelle notizie contenessero. Certo, tutto questo è già accaduto nel Medioevo, quando molti dei monaci copisti non erano in grado di comprendere il greco o il latino che trascrivevano, ma passando da qualche migliaio di manoscritti a molti miliardi di pagine le conseguenze diventano infinitamente più gravi. E grave è anche, fatte le debite proporzioni, la perdita, specie da parte delle nuove generazioni, del senso della proprietà intellettuale. «Prof. non l’ho copiato, stava su internet…» quante volte i docenti si sono sentiti ripetere questa frase! Tesi, relazioni, ricerche fatte con il “copia e incolla”, ma anche con l’ingenua convinzione che la messa in atto di quella procedura così semplice, così immediata, nulla abbia a che vedere con quella cosa orribile chiamata plagio. 

Facilitata da Tesler (ma non gliene faccio certo una colpa) la riproduzione ha preso il posto della rielaborazione, il gesto meccanico ha sostituito la riflessione. Così, proprio come paventava Benjamin, i nostri testi sono scritti in serie e sono pure scritti male, perché l’incollaggio delle parti copiate viene fatto senza rispettare l’omogeneità e la concordanza dei tempi verbali, senza badare alle ripetizioni, senza richiedere neppure quella goccia di sudore che darebbe a ciò che scriviamo un minimo di stile “nostro”. E allora, per onorare la memoria di Lawrence Gordon Tesler occorrerebbe che qualcuno inventasse una routine informatica che, ogni volta che facciamo “copia e incolla”, faccia apparire sullo schermo la scritta “Copia responsabilmente” (questo almeno è ciò che auspica il sito dal quale ho copiato questo articolo).
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