L'influencer Andrea Pinna: «Sono bipolare. E molto altro»

L'influencer e content creator de "Le perle di Pinna" racconta nel libro "Il mio lato B (polare)" la sua esperienza con la malattia.

L'influencer Andrea Pinna: «Sono bipolare. E molto altro»
di Caterina Carpanè
3 Minuti di Lettura
Martedì 17 Ottobre 2023, 16:12

22. Questo il numero delle volte in cui Andrea Pinna, l’influencer e content creator del fortunato “Le perle di Pinna”, ha tentato il suicidio. Senza riuscirci. Una doppia cifra che è specchio della malattia, il disturbo bipolare, che il vincitore dell’edizione 2015 di Pechino Express racconta ora nel memoir “Il mio lato B(polare)”, edito da HarperCollins. Con la sua innata ironia, ma senza alcuna censura. Droghe, alcol, allucinazioni, spese pazze, momenti esageratamente up e momenti estremamente down fino alla diagnosi, il ricovero in un centro specializzato e la terapia giusta: c’è tutto in questo libro che il 37enne cagliaritano dedica al suo psichiatra, il professor Leonardo Tondo.

Nel libro non si risparmia. Ripercorre la sua vita con grande sincerità e concretezza.

«Dopo aver letto un capitolo e mezzo, mia madre mi ha detto una frase che mi è rimasta impressa: “Ma non hai vergogna a non aver un segreto?”. Io non so fingere: o racconto o non lo faccio, altrimenti il puzzle rimarrebbe incompleto».

La scrittura è stata parte della sua terapia?

«No, ho dovuto aspettare di stare meglio per scrivere. E quando l’ho fatto, sono andato avanti. Solo una volta finito, rileggendo, ho pianto».

Quando ha capito che c’era qualcosa che non andava?

«Una mattina mi sono alzato e ho trovato il mio ex fidanzato che singhiozzava sul divano. Io non ricordavo nulla, ma la notte mi svegliavo nel sonno in preda alle allucinazioni e lo accusavo continuamente di tradirmi, trattandolo male. E lui mi accudiva. Lì mi sono detto: non posso far soffrire una persona in questo modo. La patologia non era ancora diagnosticata, ma quello è stato il primo passo».

Qual è stato invece il momento di svolta, la chiave del miglioramento?

«L’incontro con il professor Tondo, luminare della psichiatria esperto in bipolarismo.

Dopo aver visto quante medicine prendevo senza grandi risultati, mia sorella, medico, mi ha proposto di parlare con lui. Mi ha cambiato la terapia e mi ha consigliato il ricovero in un centro specializzato, dove sono rimasto per tre settimane. Mi sono fidato ed è andata molto bene».

Nel memoir scrive: «Nessuno, ovviamente, dovrebbe essere definito da una malattia. Chi riceve una diagnosi di tumore, dirà: “Ho un tumore”. Nel caso del disturbo psichiatrico, no: sono schizofrenico, sono depresso. Sono bipolare». Che legame c’è tra la sua malattia e la sua identità?

«Il mio psichiatra si arrabbia, dice che devo dire “ho un disturbo…”.  Il libro si chiama “Il mio lato B(polare)" perché il bipolarismo è un lato di me e non sono riassumibile con la mia malattia. Mi caratterizza, ma non al 100 per cento. Quando anni fa dissi che ero gay, per molti l’essere omossessuale rappresentava la mia totalità. Ma non è così: io sono sardo, un po’ ironico, sono italiano, europeo. Sono bipolare, ma sono anche tante altre cose».

Prima della sua malattia, cosa pensava delle celebrità che rivelano i loro problemi di salute mentale?

«Ho sempre pensato che facessero bene. Sdoganare un tema che è ancora un tabù è sempre positivo».

E stavolta può essere lei ad aiutare altre persone.

«Se anche ne aiutassi una sola, sarei contento».
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA