La maledizione di Pompei, donna restituisce reperti rubati negli scavi: «Da allora solo sciagure nella mia vita»

La maledizione di Pompei, donna restituisce reperti rubati negli scavi: «Da allora solo sciagure nella mia vita»
di Laura Larcan
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Sabato 10 Ottobre 2020, 11:52 - Ultimo aggiornamento: 15:50

Voleva possedere un pezzo di storia «che nessuno poteva avere». Tasselli di mosaico, pezzi di anfore, frammenti di marmi, chissà che non avesse preso qualche reperto millenario dal tesoro della Fattucchiera. All'epoca era «giovane e stupida». Oggi, Nicole, 36enne, canadese, restituisce il bottino e chiede perdono. Nel 2005 visitò Pompei, aveva 21 anni e pensò bene di rubare alcuni pezzi antichi dal sito come preziosi souvenir di visita dagli scavi. E se li riportò a casa, oltreoceano. Ma ora li restituisce, perché, confessa, sembra che le abbiano portato solo «sfortuna». Una giovinezza segnata da malattie, un cancro terribile, e problemi economici. Racconta tutto in una lettera, la giovane donna: dice di essere stata segnata da una sorta di maledizione. Una missiva che accompagna un pacco spedito direttamente a Pompei, e consegnato al titolate di un'agenzia di viaggi che, a sua volta, nella sorpresa più grande, l'ha recapitato ai carabinieri.  

La maledizione di Pompei, donna canadese restituisce reperti rubati: «Da allora solo sciagure»

La maledizione dei reperti trafugati da Pompei

«Ho preso alcuni tasselli quando ho visitato Pompei nel 2005. Ero giovane e stupida. Volevo avere un pezzo di storia che nessuno poteva avere. Non ho effettivamente pensato o realizzato cosa stessi prendendo. Ho preso un pezzo di storia cristallizzato nel tempo e che in esso ha tanta energia negativa. Persone sono morte in un modo così orribile e io ho preso tasselli legati a quella terra di distruzione. È da allora che la sfortuna ha giocato con me e la mia famiglia». Racconta tutto, Nicole,  canadese. Racconta di aver rubato reperti al Parco Archeologico di Pompei e della decisione di restituire tutto.

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La lettera e i reperti sono arrivati a Pompei in un plico consegnato al titolare di un'agenzia di viaggi. «Ora ho 36 anni e ho avuto il cancro al seno due volte, l'ultima volta finito in una doppia mastectomia.

Io e la mia famiglia abbiamo anche avuto problemi finanziari. Siamo brave persone e non voglio passare questa maledizione alla mia famiglia o ai miei bambini. Per questo perdonatemi per il gesto fatto anni fa, ho imparato la lezione - scrive Nicole - sto chiedendo il perdono degli Dei. Voglio solo scrollarmi di dosso la maledizione ricaduta su di me e la mia famiglia. Per piacere accettate questi reperti così da fare la cosa giusta per l'errore che ho fatto. Mi dispiace tanto, un giorno tornerò nel vostro bellissimo paese per scusarmi di persona».

Nicole chiede perdono «per il gesto fatto anni fa» e assicura di aver «imparato la lezione. Sto chiedendo il perdono degli dei, voglio solo scrollarmi di dosso la maledizione ricaduta su di me e la mia famiglia. Per piacere accettate questi reperti così da fare la cosa giusta per l'errore che ho fatto. Mi dispiace tanto, un giorno tornerò nel vostro bellissimo paese per scusarmi di persona», promette Nicole. La sua storia si intreccia a quella di di Alastain e Kimberly, altri due giovani amici di Nicole. La ragazza spiega nella lettera di aver dato un tassello «a un'amica perché condividiamo l'amore per la storia. Le ho detto che io li avrei rimandati indietro nel luogo a cui appartengono, ma non so se lei lo ha fatto».

Infatti, sono due le lettere arrivate ai Carabinieri del posto fisso Scavi archeologici di Pompei. Nella seconda, firmata «Alastain e Kimberly G.», si legge: «Vi restituisco queste pietre che io e mia moglie abbiamo preso mentre visitavamo Pompei e il Vesuvio nel 2005. Le abbiamo prese senza pensare al dolore e alla sofferenza che queste povere anime abbiano provato durante l'eruzione del Vesuvio e la morte terribile che hanno avuto. Siamo dispiaciuti e per piacere perdonateci per aver fatto questa terribile scelta. Possano le loro anime riposare in pace. Chiediamo il vostro perdono».

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