La sua è una «personalità» estremamente «negativa», «caratterizzata da tratti di malvagità ed assenza di scrupoli», tesa «costantemente» al «soddisfacimento delle proprie pulsioni sessuali» e «priva di qualsivoglia spirito di umanità nei confronti della sofferenza delle ragazzine di cui aveva abusato». Così il Tribunale di Lodi descrive, nelle motivazioni della sentenza depositate oggi, l'uomo di 48 anni condannato lo scorso ottobre a 19 anni di carcere, ossia alla pena più alta in Italia per un pedofilo. Il 48enne, come emerso dalle indagini del procuratore aggiunto di Milano Letizia Mannella e del pm Alessia Menegazzo, per «5 anni» si era finto una ragazzina e si era dato un soprannome "Giulia la malvagia" per poter adescare via WhatsApp e poi abusare di tre minorenni tra gli undici e i tredici anni, di cui era vicino di casa.
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L'arresto del pedofilo nel 2019
Disoccupato e residente nel Lodigiano, era stato arrestato dai carabinieri nel giugno del 2019 con le accuse di violenza sessuale, corruzione di minori, sostituzione di persona e produzione e detenzione di materiale pedopornografico.
Pedofilia, uomo condannato a 19 anni in provincia di #Lodi. Con il nick "Giulia la malvagia", adescava ragazzine tra gli 11 e i 13 anni. Per soggiogarle le minacciava con presunti malefici. Altre notizie dal @TgrLombardia qui: https://t.co/XincoE9HKi #minori#IoSeguoTgr pic.twitter.com/E5ZB7pYEA3
— Tgr Rai (@TgrRai) February 3, 2021
Fatti gravissimi
Nel calcolo della pena, si legge nelle motivazioni, i giudici hanno tenuto conto della «altissima gravità dei fatti», che hanno comportato «danni psicologici devastanti», delle «innumerevoli violenze sessuali compiute» e dell'arco temporale di «5 anni» degli abusi. In più, del fatto che l'uomo avesse costruito e mantenuto nel tempo «una storia fittizia», quella del suo nickname e di una serie di «personaggi» tutti «preordinati ad incutere terrore» nelle vittime, attirate in un «mondo parallelo» e la cui volontà veniva «soggiogata».
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Nessuna attenuante concessa al pedofilo
La difesa ha tentato di sostenere che le ragazzine fossero consenzienti, mentre i giudici mettono nero su bianco che erano sempre «oggetto di minaccia». Il tribunale non ha concesso all'imputato alcuna attenuante, perché ha agito con «malvagia astuzia», non ha mostrato «segno alcuno di resipiscenza» e non ha mai ammesso nemmeno le «condotte» provate dagli atti delle indagini, anzi ha cercato pure di «riversare le responsabilità in capo alle minori». A pena espiata, tra l'altro, hanno deciso i giudici, il condannato dovrà sottostare pure ad una misura di sicurezza per due anni: dovrà informare le forze dell'ordine sul luogo in cui risiede e non potrà avvicinarsi ai luoghi frequentati da minorenni, come giardini o scuole.
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