Omicidio Lidia Macchi, la Cassazione conferma l'assoluzione dell'ex compagno di liceo Stefano Binda

Omicidio Lidia Macchi, la Cassazione conferma l'assoluzione dell'ex compagno di liceo Stefano Binda
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Mercoledì 27 Gennaio 2021, 19:28 - Ultimo aggiornamento: 19:55

Resta un cold case l'omicidio di Lidia Macchi. I giudici della prima sezione penale della Cassazione hanno confermato l'assoluzione per Stefano Binda, ex compagno di liceo della vittima e unico imputato, dichiarando inammissibili i ricorsi presentati dalla procura generale di Milano e dalle parti civili. I supremi giudici hanno accolto dunque le richieste del sostituto procuratore generale Marco Dall'Olio che nel corso della requisitoria aveva sottolineato che «l'autore della poesia "In morte di un'amica" è per forza l'autore dell'omicidio? Non c'è alcun elemento che conduca quella lettera all'omicidio se non una suggestione. Non corrisponde a Binda il dna trovato sulla vittima e non è smentito il suo alibi».

Omicidio Lidia Macchi, i giudici: «È stato un amico a massacrarla»

Un giallo che risale al 1987 quando la studentessa di vent'anni venne trovata morta in un bosco nei pressi dell'ospedale di Cittiglio, nel varesotto, dove la giovane stava andando a trovare un'amica e che vede una svolta quasi trent'anni dopo con l'arresto di Binda, finito sotto processo in seguito a una perizia calligrafica su una lettera anonima inviata alla famiglia della ragazza.

Contro l'uomo, ormai cinquantenne, c'era, a dire dell'accusa, la poesia 'In morte di un'amicà inviata ai genitori della vittima, per posta, il giorno del funerale. Il 24 aprile 2018 la corte di Assise di Varese lo condanna all'ergastolo. Nel luglio dell'anno dopo invece i giudici della corte d'Assise di Appello di Milano lo assolvono per non avere commesso il fatto e viene scarcerato dopo tre anni e mezzo di detenzione.

I familiari della vittima

«Crediamo che durante il corso delle indagini e soprattutto dei processi non siano emerse prove a sufficienza per ritenere che Stefano Binda sia stato l'assassinio di Lidia e pertanto comprendiamo la sua completa assoluzione», scrivono in una lettera Paola, Stefania e Alberto Macchi, rispettivamente madre e fratelli di Lidia. «In noi rimarrà per sempre la ferita di non aver trovato il colpevole della morte di Lidia», prosegue la lettera. I familiari ricordano la «dolorosa scoperta della distruzione e sparizione di alcuni reperti che, con le tecniche moderne, avrebbero potuto portare un apporto decisivo in questo percorso giudiziari».

«Come famiglia - prosegue la lettera - ci teniamo a ringraziare tutti quelli che in questi anni hanno collaborato alla ricerca della verità, e in particolar modo il nostro avvocato Daniele Pizzi». I familiari sottolineano nella lettera il difficile percorso doloroso che è la Giustizia e concludono con le parole della stessa Lidia, ricordate da sua madre: «nulla, nemmeno il dolore più atroce è privo di senso…è così semplice rispondere eccomi, anche nella notte più fonda, eccomi, sono Tua (Signore) prima di tutto, eccomi, nulla più mi fa paura».

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