Laura Ziliani, arrestate due figlie e un fidanzato. Intercettazioni, bugie e depistaggi anche in tv

Laura Ziliani, arrestate due figlie e un fidanzato. I depistaggi anche in tv
di Claudia Guasco
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Sabato 25 Settembre 2021, 11:34 - Ultimo aggiornamento: 19:03

Laura Ziliani era già morta da un giorno e mezzo, ma nel frigo della casa di Temù c'era la torta preparata dalle figlie dedicata a lei, per la festa della mamma. La mostrano alla vicina ed è il mattone finale del gigantesco muro di menzogne, depistaggi, telefoni resettati dietro il quale per quattro mesi e mezzo Paola Zani, 19 anni, la sorella Silvia, 27 anni, e il fidanzato coetaneo Mirto Milani hanno cercato di occultare la verità. Che non è un incidente durante la gita in montagna, ma l'omicidio volontario con occultamento del cadavere della madre delle ragazze commesso «con efficienza» dal «trio criminale» tra le «22,37 di venerdì 7 maggio e la mattina dell'8 maggio».

Laura Ziliani morta, il piano delle figlie assassine. «Coi soldi compriamo un'auto e andiamo in vacanza»

Il movente e gli appelli in tv

Le sorelle e Mirto sono stati arrestati ieri mattina e la svolta, per i carabinieri della compagnia di Breno e del nucleo operativo del comando provinciale di Brescia che hanno condotto le indagini, è arrivata dai risultati degli esami tossicologici sul corpo dell'ex vigilessa. C'erano tracce di benzodiazepine, «potenzialmente idonee a compromettere le capacità di difesa». Come sia stata uccisa la vittima ancora non si sa, il corpo non presenta lesioni, non ci sono telecamere che riprendono i tre mentre spostano il cadavere, nel paese tra le montagne che ha mille orecchie questa volta nessuno ha sentito nulla. Però c'è il movente, il ricco patrimonio dell'ex vigilessa rimasta vedova nel 2012 quando il marito è stato travolto da una valanga, i rapporti burrascosi sulla gestione degli appartamenti e l'arrabattarsi delle sorelle e di Mirto per raccontare tutta un'altra storia. «Hanno dato l'allarme a mezzogiorno, la madre era in montagna da quattro ore e loro già piangevano», dicono gli investigatori. Nei giorni concitati delle ricerche Silvia e Paola lanciano un accorato appello a Chi l'ha visto, in lacrime e molto scosse imploravano chiunque avesse informazioni a farsi avanti.

Le intercettazioni: «Coi soldi andiamo in vacanza»

Ma a telecamere spente è tutta un'altra storia: a venti giorni dalla scomparsa della madre, le sorelle si congratulavano l'una con l'altra per i soldi che avrebbero presto incassato. Facevano i conti degli affitti delle case da cui avrebbero ricavato un anticipo per comprare un'automobile nuova e si sarebbero fatte una bella vacanza. «Tanta roba, troppo figo», gridavano al telefono. Una conversazione, riflette il gip, da cui emerge «l'assenza di qualsivoglia turbamento circa le sorti della madre, la loro unica preoccupazione sembra rivolta agli aspetti economici della vicenda». Poi è sempre peggio. Nel tentativo di confondere gli investigatori gettano una scarpa della donna nel fiume ma nel punto in cui non c'è abbastanza acqua (dunque lì avrebbe dovuto esserci anche il corpo), nascondono la sinistra tra i rovi di un bosco ma vengono riconosciuti da una persona che beveva il caffè sul terrazzo e, notando i movimenti sospetti, afferra il binocolo. Si liberano dei jeans buttandoli in acqua, però al contrario.

 

Il resto lo fanno le intercettazioni ambientali, con una cimice nell'auto, anche se i tre non sono particolarmente loquaci. Il 7 luglio Paola Zani, parlando con un'amica, spiega di essere preoccupata perché con il computer sequestrato «Mirto su un canale crime ha fatto ricerche su come uccidere la gente, piante velenose, crimini perfetti, serial killer e torture».

Con i telefoni va anche peggio, perché oltre alle bugie si spalanca uno scenario di rapporti complicati tra i presunti assassini. Il 26 giugno, alla notifica del sequestro, consegnano tre smartphone diversi da quelli utilizzati nelle ultime settimane spiegando «di averli venduti a un cittadino marocchino alla stazione di Brescia per motivi economici», un mese dopo ammettono di aver mentito e portano quelli che usavano all'epoca del delitto, ma resettati «all'impostazione di fabbrica», dunque inutili sotto il profilo investigativo. Il motivo lo comunicano tramite uno scritto affidato al loro legale, che getta una luce diversa sulle dinamiche dei tre.

I tradimenti

Afferma Silvia Zani: «Provavo vergogna che altre persone potessero vedere foto e conoscere dati della mia vita privata e attinenti alle pratiche sessuali con il mio fidanzato Mirto Milani. Mi vergognavo anche che si venisse a sapere che ero iscritta a un sito di scambisti». Si giustifica Paola Zani: «Ero imbarazzata all'idea che altre persone potessero venire a sapere che ho una relazione con il fidanzato di mia sorella, Mirto Milani». Il quale, da parte sua, ammette la relazione parallela e spiega il motivo della sua reticenza: «Ho sempre pensato che fosse una cosa illecita».

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