Alle otto di sera del 18 marzo 1978 Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, detto Iaio, diciannovenni militanti di sinistra, vengono uccisi a colpi di pistola in via Mancinelli a Milano. Un agguato rimasto senza colpevoli, con svariati indizi mai assurti al valore di prova. Adesso, a distanza di venticinque anni dall’archiviazione, il gip Maria Idria Gurgo di Castelmenardo accoglie la richiesta presentata dalla Procura e riapre l’inchiesta. Che, come la precedente, scandaglia gli ambienti della destra eversiva e riparte dai medesimi tre indagati: Massimo Carminati, il boss della banda della Magliana arrestato nel 2014 nell’inchiesta “Mondo di mezzo”, i neofasciti Claudio Bracci e Mario Corsi.
LA PERIZIA
Un fascicolo conoscitivo era stato aperto oltre un anno fa, arricchito dalla «rilettura degli atti documentali» sul periodo del terrorismo e di recente desecretati, da testimonianze e soprattutto da un’informativa della Digos che approfondisce dettagli delle macchine per scrivere usate dai neofascisti romani a metà degli anni Settanta. Rilevante è la perizia dattilografica su un volantino di rivendicazione trovato a Roma, in zona Prati, pochi giorni dopo l’uccisione di Fausto e Iaio. È firmato “Esercito Nazionale Rivoluzionario - Brigata Combattente Franco Anselmi”, un militante dei Nar morto durante una rapina, e riporta un elenco di neofascisti assassinati. «Un volantino e una sigla analoga comparvero solamente poche settimane dopo (nel maggio del 1978) in occasione dell’attentato alla sede del Pci di via Pompeo Trogo, nel quartiere Balduina, per poi scomparire dalla scena dei reati politici», scrive nel ‘97 il giudice istruttore Guido Salvini nella richiesta di prosecuzione delle indagini. «Il logo che appare sui volantini, come sottolineato da alcuni testimoni d’ambiente, è del tutto particolare e si riporterebbe all’aggregazione temporanea di alcune persone finalizzata alla commissione di singole azioni di ritorsione». Per il giudice è questo «il nocciolo» della «possibile ricostruzione» dell’omicidio dei due diciannovenni: «Negli ultimi anni sono stati raccolti alcuni elementi, di carattere comunque prettamente indiziario, che individuerebbero gli autori del duplice omicidio in soggetti dell’estrema destra romana in “trasferta” a Milano, mossi dall’intento di vendicare alcuni loro camerati caduti, colpendo due giovani non personalmente conosciuti ma appartenenti all’area dell’estrema sinistra».
Ora gli investigatori confidano nell’evoluzione delle tecniche scientifiche, soprattutto balistiche, per valicare limiti allora insormontabili, cioè la mancanza di prove tangibili. Sul luogo dell’omicidio c’era un berretto di lana blu intriso di sangue mai sottoposto ad accertamenti e svanito nel nulla, mancano i proiettili estratti dai corpi e i killer hanno avuto l’accortezza di recuperare i bossoli. Maria Iannucci, sorella di Iaio, è fiduciosa: «Gli atti sono sempre stati lì, vuol dire che i tempi son maturi. Non covo rancore né odio, se è arrivato il momento ben venga». Anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa, si dice «contento che la magistratura abbia riaperto le indagini per fare chiarezza e individuare i colpevoli». Laconico Mario Corsi: «I giudici fanno quello che devono fare, come è giusto che sia. Non c’è altro da dire».