«L'apnea ostruttiva del sonno - spiega il professore - disturbo che consiste in frequenti micropause della respirazione mentre si dorme, è associata a cambiamenti nella struttura del cervello che si osservano anche nelle prime fasi della demenza. Respirare male limita ogni prestazione, anche le performance del cervello, è stato dimostrato dai ricercatori australiani dell'Università di Sidney come periodi ripetuti e
continuati di riduzione di apporto di ossigeno su soggetti di età compresa tra 51-88 anni, quali quelli legati a raffreddori, sinusiti, apnee del sonno, ingrossamento delle adenoidi, sono in grado di alterare la salute dei
lobi temporali cerebrali al pari di quanto si rileva nelle prime fasi dei casi di demenza».
Cosa fare per “proteggere” il nostro cervello e il nostro cuore? «In presenza di disturbi respiratori durante il sonno è sufficiente andare dall'otorino che eseguirà alcuni esami funzionali - risponde Di Rienzo –
la soluzione inoltre è mininvasiva ed endoscopica, con sottili telecamere collegate ad erogatori di radiofrequenze di terza generazione e a palloncini-balloon si ripristina il corretto flusso di aria e si scongiurano i danni cerebrali e cardiaci legati alla cattiva ossigenazione (infarto, ictus, ipertensione, diabete). E' importante – conclude il professore - intervenire in una fase in cui il danno è ancora reversibile, di qui lo scopo profuso in questi anni dalla Sidero onlus (Società italiana per la diffusione dell’endoscopia e della ridotta invasività operatoria) di diffondere la consapevolezza nella popolazione della prevenzione di queste patologie del respiro, troppo spesso banalizzate e trascurate per poi accorgersi delle loro complicanze quando è troppo tardi».
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