Rai, Renzi accelera: «Via la legge Gasparri»

Matteo Renzi
di Alberto Gentili
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Domenica 1 Giugno 2014, 15:26
​Non mi faccio certo fermare da uno sciopero insensato. Serve una nuova Rai e la voglio entro un anno. Raccontano che Matteo Renzi sia trasecolato quando ha saputo, venerdì, che giornalisti, dipendenti e dirigenti di viale Mazzini avevano proclamato il primo sciopero contro il governo della storia aziendale. Ma, stupore a parte, la notizia non ha certo allarmato il premier. Anzi, ha dato nuovo carburante al suo piano per «tirare via la politica dalla Rai e avere finalmente un piano editoriale e industriale».



L’occasione per cambiare la governance e la relativa legge Gasparri sarà la nuova convenzione tra l’azienda e lo Stato. Il viceministro alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, annuncia che il governo è determinato ad anticipare a quest’anno (rispetto alla scadenza del 2016) il rinnovo della convenzione. Ciò significa che nei prossimi mesi Luigi Gubitosi e i vertici di viale Mazzini - prima di cedere il passo nella primavera 2015 - saranno chiamati a fornire risposte ai quesiti e alle sollecitazioni del premier. «La Rai deve uscire dall’immobilismo e cambiare l’informazione», dice uno stretto collaboratore di Renzi che ha in mano il dossier. «Non è possibile che spariti da decenni gli editori di riferimento, Dc, Pci e Psi, l’informazione pubblica viva ancora della tripartizione figlia dell’accordo politico del 1975. Una situazione lunare... Per questo serve un nuovo piano editoriale e industriale». Per dirla con Michele Anzaldi, segretario pd in Vigilanza: «Fuori la politica e dentro competitività sul modello Sky».



LE DOMANDE PER GUBITOSI

Sono molte le domande che a palazzo Chigi attendono il direttore generale Gubitosi e i papaveri di viale Mazzini. «La Rai ha cominciato con le all-news, è questo il modello? E se è questo, perché finora è relegato a un appendice? Il numero dei canali risponde alle esigenze di mercato? C’è un piano per utilizzare i contenuti su tutte le piattaforme, internet in primis? E soprattutto Raiway: «Gubitosi ha annunciato che venderà la quota di minoranza che vale almeno 500 milioni. Cosa ne farà degli oltre 350 milioni, tolto il prelievo di 150 chiesti dal governo? Perché non vara un piano editoriale ed industriale per mettere a frutto la plusvalenza?».



Insomma, il pressing è forte. Mentre non crea certo allarme la proclamazione dello sciopero. «Ci fanno un favore», dicono a palazzo Chigi. E aggiunge Anzaldi: «Renzi così guadagna un altro 15% di consensi, mai come ora la Rai è impopolare. Forse i 1.650 giornalisti e gli ottomila dipendenti non si sono accorti che l’intero Paese stringe da anni la cinghia e che loro ne sono usciti finora intonsi».



Un punto di vista che sta prendendo quota anche nelle redazioni dei tiggì. Soprattutto in quella del Tg3, dove numerosi giornalisti sarebbero intenzionati a non aderire allo sciopero. Il sindacato, in diverse mail che circolano in queste ore, è accusato di aver compiuto una scelta «politicamente sconcertante»: «Paga la strategia dello scontro frontale?», s’interrogano in molti. Soprattutto l’Usigrai & C sono accusati di aver sbagliato timing e metodo: nessuna discussione preventiva, nessun coinvolgimento dei giornalisti. Maremoto in vista a Saxa Rubra.
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