LVenture, la fabbrica delle App batte cassa
Obiettivo? Roma come Berlino

Luigi Capello ad di LVentures Group
di Roberta Amoruso
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Martedì 15 Luglio 2014, 17:23 - Ultimo aggiornamento: 17:54

Chiss cosa pensa oggi l’ex ambasciatore Usa a Roma, Ronald Spogli, di quella fabbrica di 22 start-up digitali che dal pieno centro di Roma, sull’imponente stazione Termini, ti fanno trovare il pranzo a tavola un minuto dopo che hai preso posto, ti evitano ore di attesa al Comune di turno o ti permette di gestire tutti i device di casa solo con la gestualit. Altro che brain-storming. E’ come stare in una sorta di App-storming spalmato su 2.000 metri quadri, una tempesta di App, nel senso letterale del termine, che ha colpi di click lancia segnali in giro per il mondo. E si connette con il mondo: Cile, Berlino, Silicon Valley. E non solo. Dall’Italia? Da Roma? Ebbene s, esiste anche questo in un Paese che troppo spesso messo in coda alla lista degli incubatori di sviluppo. Da Roma alla Silicon Valley con furore
Quando nel 2007 Luigi Capello, ceo e fondatore di LVenture Group​, incontrò Spogli, a colpirlo fu quella visione dell’Italia come «un Paese dove ci sono tante famiglie di imprenditori e troppe poche imprese». «Di lì nacque l’idea di far crescere dei business Angel, mettendo insieme investitori privati capaci di investire in start-up», racconta Capello». Ma non si trattava semplicemente di prestare soldi, l’obiettivo era quello di mettere a disposizione di progetti innovativi anche le competenze.

Questo era lo spirito dell’ «Italian Angel for Growth» battezzata nel 2007. Ma non poteva bastare: mancava la filiera, quella che gli americani chiamano la «family, friend&foods».
«E allora nel 2010 ​l'idea era quella di portare
delle start-up italiane negli Stati Uniti», continua Capello. Quella sembrava la strada giusta per coltivare i progetti dell’Italia che va avanti e prova a farlo con il ritmo degli Usa. «Quell’esperienza è servita a capire però che le start-up made in Usa avevano un’altra marcia e non a caso. I ragazzi più preparati uscivano dai cosiddetti acceleratori». Mancava questo per far il gran salto.

Il salto
Nel 2010 scende in campo LVenture. ​
È un venture capital che - a sua volta - fonda l'acceleratore EnLabs. E non solo finanzia, ma assiste e lancia le migliori startup accelerate fino ad accompagnarle allo sbarco sui mercati, nazionali ed ​
esteri. La vera svolta per la holding italiana di venture capital scatta però nel 2012. Quando oltre a trovare nuovi capitali da mettere a disposizione del progetto, la strada di LVenture si incrocia con quella di un gruppo quotato in Borsa, Le buone società. Non è un gruppo qualsiasi. Alle spalle ha una storia imprenditoriale non troppo felice visto che altro non è che un’eredità della Filatura di Pollone. Il marchio storico del tessile targato Biella che dal 1953 si occupa della filatura cardata laniera, con un’attività industriale ridotta ormai all’osso passa prima all’immobiliarista Marco Ferrari. Lo stesso che dopo averla trasformata in holding a stretto giro di posta è costretto a liquidare tutto.

In Borsa con «il veicolo»
A rilevare quella che ormai è una scatola vuota è LVenture, che sottoscrive metà di un aumento di capitale da quasi 5 milioni di euro e arriva dritto alla fusione. È il suo bliglietto di ingresso a Piazza Affari. Il 2012 è anche l’anno in cui EnLabs diventa Luis Enlabs, grazie ad una joint-venture con l’Università Luiss Guido Carli, ​dando vita a un​
acceleratore, in cui LVenture group punta nell’arco di due anni e mezzo ben 2,8 milioni di euro in 22 start-up, con coinvestimenti per altri 6,6 milioni e un investimento medio di 130mila euro.

Ma non basta. LVenture Group ​ non ha intenzione di fermarsi. L’obiettivo è arrivare a 59 strat-up nel 2017, mettere in calendario la prima exit nel 2015, ma anche aggiungere altri 1.000 metri quadri di anima tecnologica per trasformare gli spazi della Stazione Termini in una vera «Tech City». E visto che, in questo mondo, sembra anche difficile trovare chi assumere, ci penserà un progetto di formazione ai mestieri del web (Do!Lab) a chiudere il gap ancora forte soprattutto con i Paesi anglosassoni.

Non solo cuore e tech
Senza capitale, però, i progetti non partono. Ecco perchè è partito il 7 luglio la caccia a nuove risorse. L’aumento di capitale da 4,9 milioni di LVenture
​Group ​ chiuderà le porte il 25 luglio (i diritti di opzione sono esercitabili tra il 7 luglio 2014 e il 25 luglio 2014 e sono negoziabili in Borsa tra il 7 e i 18 luglio 2014). Per capire a fondo, però il valore di una start-up, è opportuno snocciolare qualche numero. Basti pensare che negli Stati Uniti le startup hanno generato in 10 anni oltre 30 milioni di occupati. Lo sanno bene anche nel resto d’Europa, visto che a fronte delle 110 start-up costituite a Roma in quasi un anno a Berlino ne sono nate ben 2.000. Questione di tech-vision? Forse.

Eppure «in Italia c’è un terreno molto fertile di buone idee ma poi sono poche quelle che riescono ad avere successo», spiega Capello. Anche per una questione di capitali. Sembra ormai assodato che «le start up italiane hanno bisogno di avere dimensioni più grandi per poter crescere sui mercati europei». Non a caso, LVenture ​Group ​ punta prima di tutto ad aumentare le dimensioni dell’investimento per singola start up». Dopodichè i numeri di successo europei non sono più così lontani. E se finora 22 start-up hanno creato ​fino ad oggi ​ ben
​200​ posti di lavoro, le cifre possono soltanto crescere.

Come funziona l’acceleratore? Ne partono 12 all’anno, dopo aver passato il test di selezione. Ma non conta solo l’idea, anche il team che affianca il progetto fa parte dei galloni che deve avere il dossier. A quel punto, oltre alla location, alla formazione, all’assistenza di 50 advisor, e all’interconnessione con eventuali investitori, scatta il finanziamento da 60.000 euro (30.00 cash a fronte di quote di capitale). Quanto ci vuole per il kick-off? «In cinque mesi queste società fatturano». Ma attenzione, il business model deve essere «scalabile». In sostanza, la soluzione deve avere nel Dna la capacità «di essere replicabile a basso costo in tutto il mondo».

Un secondo campo di azione per LVenture
​Group ​ è il cosidetto seed financing, che significa puntare fino a 200.000 euro in start-up in fasi di crescita più avanzate che necessitano di risorse finanziarie per supportare l’ingresso sul mercato.
LVenture Group ​ è ​l'unico Venture capital
​italiano ​quotat​o​ che scommett​e​ sullo scouting per fare capital gain e dare un’occasione di crescita al Paese. E quando società come Qurami, che per mestiere elimina le code dispensando tramite App un bigliettino virtuale, riesce a vendere alle Poste inglesi ma anche a una banca in Costa Rica, allora c’è davvero da riflettere.
Roberta Amoruso