Pescosolido - Resti umani, si scava nel passato: ritrovamento simile nel 2015 a poca distanza

L’ingresso della villa
di Roberta Pugliesi
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Giovedì 18 Marzo 2021, 09:40

Resti umani in villa: potrebbero aprirsi nuovi scenari connessi al rinvenimento effettuato nella serata di lunedì in località Vallefredda a Pescosolido. Se da una parte gli inquirenti continuano a mantenere il massimo riserbo sulle indagini in corso dall’altra la vicenda, nella comunità di Pescosolido e nel comprensorio sorano, continua ad essere al centro dell’attenzione sia per la gravità della vicenda in sé sia per i connessi aspetti etici. Al punto da aver catturato l’interesse anche dei media nazionale. Dalla procura della Repubblica di Cassino che indaga con la direzione del dott. De Franco non trapela nulla, evidente segnale di una attività d’indagine serrata che cerca di far chiarezza sulle circostanze e le condotte che hanno determinato l’occultamento dei resti umani nella villa di Pescosolido. Sinora, da quanto trapelato, nel registro degli indagati è stato iscritto un 47enne necroforo che aveva abitato in quella casa, di proprietà di una famiglia di Isola Liri, fino al mese di dicembre 2020. E i carabinieri che stanno svolgendo le indagini stanno cercando di ricostruire le dinamiche per poter escludere altri episodi analoghi verificatisi nel tempo non trascurando il profilo professionale, i contatti e le frequentazioni. Sicuramente la casa in cui è avvenuto il macabro rinvenimento - che non risulta essere stata sequestrata - rimane il punto di partenza per verificare se nelle pertinenze possano essere stati occultati altri resti, così come nella zona circostante, isolata, poco frequentata, difficilmente raggiungibile e circondata da fitta vegetazione. Proprio la zona nel maggio del 2015 fu teatro di un altro macabro rinvenimento. Un escursionista stava camminando nel bosco vicino il torrente Lacerno quando si imbattè con suo grande sgomento in diverse buste di plastica nera dalle quali poté scorgere resti di bare, lapidi, ossa (un perone, costole e dita della mano), guanti di lattice e persino la targhetta col nome del defunto, testimonianza di una estumulazione non effettuata secondo le procedure.

In quell’occasione, vennero attivate alcune associazioni ambientaliste e venne allertata la polizia locale che mise sotto sequestro l’area operando in seguito congiuntamente con i Carabinieri di Sora. I fatti odierni e quelli di sei anni fa sembrano avere lo stesso filo conduttore che porta a delle condotte illecite simili in spregio alla legge, condotte che potrebbero essere state commesse dallo stesso autore. Anche all’epoca quella macabra scoperta pare sia stata addebitata alla spregiudicatezza di un necroforo del sorano. In considerazione di questi episodi che si sono verificati nel tempo, la domanda che si pongono i cittadini è come sia potuto accadere un fatto simile: come è possibile che non ci sia da parte degli organi preposti un controllo sui servizi cimiteriali, sulle corrette procedure di smaltimento che sono soggette ad autorizzazioni e successive verifiche? Si possono ipotizzare negligenze da parte dei Comuni nell’azione di controllo? Smaltire la bara dopo aver alloccato i resti della salma del caro estinto è una procedura stabilita dalla legge e che segue un iter ben preciso che prevede anche dei costi, non particolarmente onerosi che si aggirano intorno ai 200 euro a smaltimento al termine del quale viene rilasciato all’agenzia funebre un certificato da esibire proprio in Comune che attesta la regolarità della procedura . Ben più grave è invece incorrere nei reati che potrebbero configurarsi, che vanno dallo smaltimento illecito di rifiuti speciali (bare, zinco, piombo), alla distruzione di cadavere finanche al suo occultamento. 

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