Dal gennaio 1958 i motori della sua officina meccanica non si sono mai spenti. A 83 anni Giovanni Venditti, di Isola Liri continua a fare il tornitore, il lavoro che sognava da bambino, quando lo zio gli raccontava che si era salvato nei lager nazisti perché sapeva lavorare il ferro. Da allora Giovanni ha progettato e sviluppato macchinari in grado di effettuare riparazioni direttamente sul posto, nelle aziende che gli commissionano il lavoro, senza attendere pezzi di ricambio provenienti da tutto il mondo, per un notevole risparmio di tempo e di produzione.
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L'arte
Tornitura e rettifica, fresatura, alesature, questo il suo mondo da 65 anni.
La storia
Giovanni Venditti, classe 1940, 65 li ha trascorsi nella sua officina a creare, costruire, modificare macchinari per le industrie, da un piccolo garage ad una moderna industria ha saputo coniugare passione e sacrificio attraverso un lavoro che lo ha folgorato da piccolo: «Credo di essere nato per fare solo questo lavoro – commenta Giovanni seduto sulla sua scrivania con a fianco i due figli ingegneri Orazio e Gianni che ne hanno ereditato la genialità – Mio zio tornò da un campo di prigionia dalla Germania e raccontava di essersi salvato dalle camere a gas perché era un bravo tornitore. I suoi racconti delle sue giornate nei lager a costruire pezzi per l’industria bellica tedesca mi avevano affascinato. Avrò avuto non più di 7 anni e quei racconti mi stregarono: ”Voglio fare questo da grande” mi ripetevo nella mia testolina. Finita la quinta elementare trovai lavoro a 13 anni nell’officina meccanica di Edoardo Bianchi ad Isola del Liri. Mentre facevo pratica andavo a ripetizione dal professor Federico Pisani, mi impartiva lezioni di tecnologia, disegno e matematica. A 17 anni andai a lavorare presso lo Scatolificio Pisani, rimasi 10 mesi e 4 giorni, la fabbrica non faceva per me, volevo un’officina tutta mia. Attraverso conoscenze mio padre mi comprò a Roma ad un rivenditore le prime macchine per lavorare ed aprii a 18 anni la mia officina in via Napoli ad Isola del Liri, un locale di una 30 di metri quadrati. Era gennaio del 1958, da allora non mi sono più fermato. Pochi anni dopo mi trasferii in un locale più grande nell’ex fabbrica Corona in via Capitino sempre ad Isola dove sono rimato sino al 1984, quando aprìì il mio capannone in via Pirandello».
La scomparsa della moglie
Giovanni è rimasto vedovo della sua Emma lo scorso anno dopo 51 anni di vita vissuta insieme: «Io non ho una produzione, costruisco pezzi meccanici, li progetto, li modifico nella fabbriche dove mi chiamano per interventi di riparazione, che faccio sul posto. E’ un lavoro particolare, ci vuole genialità e passione armi che non mi hanno mai abbandonato per questo sono ancora qua. Nella mia vita è andato tutto liscio, per questo continuo, mi reputo una persona fortunata». Neanche i due nipoti Giovanni Maria e Giulia lo hanno distolto dalle sue macchine: «La mia vita è questa non ne potrei farne a meno».