Paolo Graldi
Paolo Graldi

L'era banda larga/ La filosofia digitale ha bisogno di profeti

di Paolo Graldi
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Venerdì 14 Maggio 2021, 00:08

La Rivoluzione Digitale è alle porte, una sfida epocale che è impossibile perdere ma è chiaro che noi, su questo fronte, rischiamo tutto, Ripeteva il mitico Nicolas Negroponte, fondatore del Mit di Boston: «La tecnologia è come la tigre. O la cavalchi, la domi, o ti mangia».

L’Italia entra tutta intera, Nord e Sud, nella immensa gabbia della tecnologia, nel mondo dei bit. Siamo pronti? Sapremo diffondere la nuova lingua farne buon uso, nel privato e nel lavoro, utilizzandone a pieno le enormi potenzialità?

Altri ne fanno la ragione della loro ricchezza, del loro successo. E noi?
I presupposti non sono esaltanti.Ha ricordato il ministro della Transizione Digitale Vittorio Colao: «Solo il 42 per cento dei nostri connazionali tra gli 1 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 58 in Europa. E il 17 per cento degli italiani nella stessa fascia di età non ha mai usato Internet, contro il 9 per cento dell’Ue: quasi il doppio. Il fiume di denaro del Recovery, quando arriverà, sarà il cuore e il sangue della Rivoluzione».
La quale, tuttavia, ha bisogno di irrorare campi aridi e spesso refrattari, poco inclini al cambiamento se non addirittura ostili alla rete impalpabile che ci avvolgerà.

La penetrazione e l’uso degli smartphone, ormai utilizzati quasi con competenza persino dagli anziani e in ogni dove, incoraggia la speranza: all’inizio dicevano che quelle scatolette andavano bene in mano ai giovani e basta. Non è stato così. Nonni e nipoti si parlano e si guardano via cellulare, disinvoltamente. Certo, si dovrà mettere in campo, uno sforzo di insegnamento e convincimento orizzontale, non solo verso le imprese che ancora si attardano a utilizzare il meglio della banda larga (almeno là dove c’è) ma nei confronti di chi vive come una lingua incomprensibile tutto ciò che ci collega via etere e ci consente con semplici tablet operazioni complesse, queste sì rivoluzionarie.

Dunque, è necessaria una Rivoluzione culturale, diffusa, profonda, convincente, duratura. Serve che i migliori esperti di comunicazione si coalizzino senza vane competizioni, si mettano al lavoro d’ingegno e di impegno per inventare una passerella originale in grado di diffondere ad ogni livello della società l’energia convinta e convincente che è indispensabile per ottenere la consapevolezza della necessità di un rapido cambio di passo e di paradigma.

A partire dai messaggi più semplici. Forse ci vorrebbe un Fellini con il suo celebre «Bevete più latte, il latte fa bene», che tanto servì nel secondo dopoguerra, o quel lugubre «Taci il nemico ti ascolta» che esortava al silenzio contro le spie anti regime. Insomma, slogan come colpi di cannone, potenti, indimenticabili.
La macchina delle teste del Faber è già in moto e darà un contributo essenziale alla riuscita del Piano, ma ancora manca quasi del tutto, e siamo in grave ritardo perché queste operazioni hanno bisogno di tempi tecnici inevitabili per dispiegarsi.

Non bastano, così come si sono rivelate inefficaci e in affanno nel recente passato e ancora oggi nella campagna di vaccinazione nazionale, le sole esortazioni al cambiamento, a fare questa piuttosto che quella scelta.

Per dispiegare un’azione tanto vasta, complessa, inedita, occorre inventare una strategia di comunicazione non occasionale, spezzettata, innamorata di fiori che appassiscono presto e dunque solo suggestiva e quindi priva di concretezza. Occorre una strategia corale, coinvolgente, credibile, dinamica, studiata come una sinfonia, in crescendo, capace di dispiegarsi in un ordine ordinato e dichiaratamente utile a tutti. Serve una straordinaria Scuola Guida Nazionale del Digitale alla quale iscriversi tutti indistintamente.
Perché stavolta servono gli uomini della cabina di regia del Governo, quelli della Rete, quelli della Comunicazione, ma anche i Tonino Guerra, insomma i poeti che parlano a tutti e tutti li capiscono e li amano.
In fondo, a pensarci bene, Mario Draghi usa un linguaggio chiaro, aperto, comprensibile anche su temi complessi.

Ecco, nella squadra per intanto, potrebbero arruolare lui, se non c’è già.

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