Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Oltre l'emergenza/ La via stretta dell'esecutivo tra le istanze dei partiti

di Angelo De Mattia
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Mercoledì 6 Luglio 2022, 00:10

In presenza di un concorso di eventi, dipendenti in gran parte dall’uomo - effetti della guerra in Ucraina, inflazione, crisi energetica, ripresa del Covid, siccità, crisi alimentare, tragedia causata dal cambiamento climatico e non solo - si ripropone da diverse parti, anche in relazione all’incontro previsto per oggi tra Mario Draghi e Giuseppe Conte, il “che fare” nell’azione di governo negli ultimi dieci mesi della legislatura. 
Viene nuovamente richiamato l’esempio del governo presieduto da Carlo Azeglio Ciampi nel 1993, fondato sulla concertazione tra le parti sociali e l’esecutivo. Ora, è bene ricordare che Ciampi arrivò alla guida del governo, chiamato dal Presidente Oscar Luigi Scàlfaro, in una situazione difficilissima, dopo il crollo della lira inutilmente difesa dalla stessa Banca d’Italia, mentre emergeva la gravità della condizione dell’intervento pubblico in economia con il fallimento dell’Efim, e dopo che nell’anno precedente (governo Amato) era stata adottata la sciagurata imposta del 6 per mille sui conti correnti bancari, ma era stata anche approvata una legge finanziaria “lacrime e sangue”. 

Ciampi arrivava a Palazzo Chigi dopo che, negli anni, erano stati sperimentati raccordi, sia pure incerti e parziali, tra le parti sociali e i governi, a cominciare dall’accordo di San Valentino sulla sterilizzazione parziale della scala mobile, per passare poi al lancio, da parte delle organizzazioni sindacali, del “piano d’impresa” rifacentesi a esperienze scandinave e, poi, del “protocollo Iri” sulle ristrutturazioni e riconversioni aziendali. In sede teorica si era sviluppato un lungo dibattito sugli schemi “neocorporativi”, anche in questo caso in chiave comparatistica, riguardanti i rapporti tra le parti sociali, il governo e il Parlamento. 

Era stata avviata, poi, la riforma della banca pubblica che, anche per il ruolo attribuito alle fondazioni, avrebbe avuto una funzione assai importante per la riorganizzazione del settore negli anni Novanta e, in definitiva, per la stessa politica monetaria. Ciampi aveva un’esperienza non comune anche del confronto con i sindacati perché nei gradi precedenti quello apicale a Palazzo Koch era stato preposto pure alle relazioni sindacali. 
In questa veste aveva seguito tutte le trattative con i sindacati interni che quasi sempre si concludevano con un incontro con i leader di vertice delle tre Confederazioni, spesso con Luciano Lama, nei quali, dopo avere affrontato i temi del negoziato in corso, si apriva uno scambio di valutazioni sui più generali argomenti della politica economica e sociale e della politica monetaria. 

Chi scrive è stato presente, in Bankitalia, a molte trattative, nelle quali Ciampi mostrava una particolare abilità, ma sempre nell’assoluta trasparenza, mai con tatticismi o retropensieri.

Con questo non comune bagaglio, che comprendeva anche la lontana adesione al Partito d’Azione, Ciampi premier ritenne che fosse essenziale, in quella fase straordinaria, un’ampia convergenza tra forze sociali, economiche e politico-istituzionali e varò la concertazione tra organizzazioni sindacali, parti datoriali e governo sui temi principali della politica economica, del lavoro e dell’impresa. 

Non vi era alcun automatismo sugli esiti del confronto e, ovviamente, sul successivo ruolo del Parlamento, ma l’innovazione diede i suoi frutti. 

Tuttavia è bene ricordare che la concertazione si fondava sull’altra scelta fondamentale: la politica dei redditi, di tutti i redditi precisava Ciampi. L’immagine era quella di una possibile convergenza tra politica economica e finanza pubblica (quindi anche fiscale), lavoro e impresa, politica monetaria. Concertazione e politica dei redditi erano indisgiungibili. Oggi sarebbe possibile rieditare una tale impostazione? La risposta è no, per le trasformazioni avvenute, per il trasferimento di poteri all’Unione Europea e perché non si inventa “ex abrupto” un altro Ciampi, con ciò senza nulla togliere a personalità diffusamente stimate e dotate di esperienza e credibilità come Draghi. Ma è possibile, anzi doveroso ispirarsi a quella esperienza.
Vi sono altre misure da adottare per contrastare la siccità - con provvedimenti destinati all’intero territorio nazionale riguardanti l’acqua, oltre a quelli più colpiti come è stato fatto a favore di specifiche Regioni - e i tornanti contagi da Covid. Ma poi occorre un piano che, per questa fase, affronti i temi del lavoro e dei salari, da un lato, e della produttività totale dall’altro, inquadrato in misure organiche anti-inflazione e per la crescita. Lo sfondo è il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma per il breve-medio termine vi è bisogno di misure e di iniziative di raccordo. 

Non si può puntare solo sul famoso “lungo andare”. Occorre bloccare il “bradisismo economico”, come nella definizione di Antonio Fazio, che vede i principali indicatori economici italiani arretrare rispetto a quelli dei primi partner comunitari. Vi è, allora, necessità di scelte corali, anche sugli impatti climatici a brevissimo termine, che coinvolgano tutte le parti istituzionali, sociali ed economiche, se si vuole dare un senso importante al periodo di fine-legislatura, mentre si accrescono difficoltà e crisi. 

Il governo alla nuova ipotetica concertazione parteciperebbe con poteri minori che nel passato, ma a sua volta sarebbe tenuto a svolgere una coerente azione propulsiva nei confronti delle istituzioni europee

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