Carlo Nordio
Carlo Nordio

Il premier e la dialettica degli opposti di Hegel

di Carlo Nordio
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Giovedì 21 Gennaio 2021, 00:47

Giorgio Federico Guglielmo Hegel, da molti considerato il più oscuro, e quindi il più grande dei filosofi, aveva elaborato una teoria che il governo Conte ter (o 2 bis) sta realizzando in perfetta conformità allo Zeitgeist parlamentare, inteso come fermo proposito di ministri, deputati e senatori di aderire alla realtà concreta, cioè alla propria poltrona. 

Il concetto di Hegel, benché espresso in pagine prolisse e raccolto in appunti frammentari, era in realtà molto semplice: l’Assoluto (cioè lo Spirito, la Ragione, Dio o come vogliamo chiamarlo) realizza se stesso soltanto opponendovi il suo contrario, riassorbito nell’autocoscienza: tesi, antitesi e sintesi. Per dirla in termini grossolani e banausici, la vita si può conoscere solo attraverso la morte, la luce confrontandola con il buio, la pace con la guerra ecc. ecc. 

Perfino il peccato originale, si legge nella “Filosofia delle religione” è il Venerdi Santo dello Spirito che prelude alla sua Resurrezione. Infatti, solo mangiando la mela della conoscenza l’uomo ha potuto scegliere in libertà, diventando così un soggetto morale. Per questo Dio, dopo averne preso atto, sospira: «Ecco, Adamo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male» (Genesi, 3,22). 
Questa dialettica è stata recepita dal presidente del Consiglio Conte. Forse perché, da colto cattedratico, ha studiato a fondo la filosofia del diritto di cui, come si sa, Hegel è stato uno dei fondatori. 

Non è infatti chi non veda, dopo questo sommario e forse noioso preambolo, che Conte sta dando alla dialettica hegeliana un senso compiuto e attuale, attraverso un processo di tesi, antitesi e sintesi recepito consapevolmente da quei testi geniali, e facilmente ricostruibile nelle fasi seguenti. Nel Conte 1, con il sostegno di Salvini e Grillo e l’opposizione di Bersani e Renzi, egli ha adottato provvedimenti di risoluta e ferma consistenza: il reddito di cittadinanza, la quota cento nelle pensioni, la legittima difesa e i decreti sicurezza, chiudendo i confini ai migranti e difendendo Salvini che rischiava un processo per questa scelta collegiale.
Nel Conte 2 invece (ed ecco l’antitesi) egli ha opposto a se stesso il suo contrario, alleandosi con Bersani e Renzi, revocando i decreti, aprendo i confini ai migranti e mandando Salvini a giudizio con le stesse argomentazioni con cui lo aveva prima difeso.

Questo “revirement” ha sollevato proteste, giustificate solo da una scarsa immaginazione e soprattutto da una mancanza di spirito filosofico, nulla essendo più reale - e quindi più razionale - di quella dialettica degli opposti che, come appunto insegnava Hegel, è l’unica via verso la Verità, e la coscienza di sé.

Ed infatti la sintesi si sta realizzando ora con il Conte ter (o 2 bis) dove, se da un lato viene eliminata la componente spuria e cioè l’accidente renziano, dall’altro viene incamerata quella più sedimentata e sostanziosa, definita costruttrice, socialista, liberale, europeista e responsabile. Un’integrazione preordinata non tanto a tenere in piedi una compagine sgangherata e traballante, come dicono i maligni digiuni di hegelismo, ma volta ad assecondare quella fenomenologia della politica convergente verso il luminoso obiettivo del bene comune, e dell’Interesse del Paese. 

Vi è un solo aspetto, in questa ricostruzione filosofica, che ci lascia perplessi. La concezione hegeliana, così essenziale e rigorosa, era stata concepita come reazione a quella di Schelling, che aveva teorizzato un Assoluto frutto più di intuizione che di sforzo speculativo. Un risultato così vago, indeterminato e confuso che Hegel lo bollò con la notissima frase di essere «come la notte, quando tutte le vacche sono nere». Dopo avere assistito allo sconcertante spettacolo dell’accaparramento di voti in Senato, con l’intervento in limine dell’ineffabile Ciampolillo, ci viene il sospetto che queste vacche, uscite dal buio recinto di Schelling, siano state tutte portate al mercato.

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