Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

L’Italia e l’Europa/Le decisioni che servono per superare la crisi

di Angelo De Mattia
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Lunedì 12 Settembre 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 22:03

Occorre prevenire il rischio che il tetto al prezzo del gas in sede europea si traduca nei fatti nel parto di un topolino. A maggior ragione se si considerano i ritardi e i danni causati per una decisione che andava presa da tempo, come ha sottolineato il presidente Sergio Mattarella. 


Domani la Commissione Ue avrebbe dovuto redigere un’ipotesi di intervento che invece mancherà, per cui nel discorso di mercoledì che la presidente Ursula von der Leyen terrà sullo “stato dell’Unione”, del cosiddetto price cap si farà verosimilmente menzione solo in termini generali. L’argomento verrà nuovamente affrontato dal Consiglio europeo ai primi di ottobre con una proposta che si spera finalmente conclusiva. 


La divisione nell’Unione Europea tra Paesi favorevoli, Paesi che vorrebbero applicare il tetto solo al gas fornito dalla Russia e Paesi contrari finora impedisce una decisione positiva e, nel contempo, evidenzia il prevalere degli interessi nazionali su quelli comuni. Se è vero, come ci ha ricordato il commissario francese Jean Monnet, che sono proprio le crisi a favorire i progressi dell’integrazione europea, almeno in questa fase bisogna concludere che non si registra alcun avanzamento su un tema così cruciale. Eppure ad esso sono collegate l’estensione e l’intensità delle misure di razionamento e di limitazioni dell’utilizzo dell’energia nelle città e nelle case, nonché nelle fabbriche mentre assistiamo alla chiusura di molte attività economiche e si annebbia la prospettiva di chi produce e di chi lavora. 


L’ingigantirsi dei costi in bolletta è diventato l’emblema della crisi, ma anche dell’inadeguatezza della risposta dei poteri pubblici, a cominciare dal livello comunitario. Il price cap è anche uno strumento che deve far parte della “cassetta degli attrezzi” per combattere l’inflazione e per limitare gli ostacoli alla crescita. Dunque, non ha senso che a Bruxelles si continui a parlare di tetto per il gas, di limitazione del prezzo pagato per la produzione di energia usando fonti rinnovabili, di aiuti di Stato per le imprese energetiche e di interventi sugli extra-profitti, senza però passare concretamente all’azione. 


È vero che la Commissione non ha poteri cogenti in materia, ma viviamo in una situazione eccezionale nella quale non è difficile trovare la copertura dei Trattati per una delega di competenze.

D’altro canto, sarebbe improvvido se, per dover mediare tra le diverse posizioni, ivi inclusa la freddezza sul tetto manifestata dalla Germania che beneficia di una particolare condizione contrattuale sul gas russo, ci si limitasse a un price cap solo su quest’ultimo, tenendo in vita situazioni specifiche di singoli Paesi. 


La misura, se deve avere senso, non può non essere generalizzata e, soprattutto, va inquadrata in un piano preciso, mettendo in conto anche l’eventualità che i fornitori sospendano le esportazioni - come ha già minacciato la Russia - e paradossalmente contestino una violazione contrattuale.


Ma se non si riesce a introdurre il tetto e le misure collegate, si può fondatamente sperare in una politica europea dell’energia che metta parzialmente in comune le risorse e i debiti per farvi fronte, sulla base di un programma che si colleghi agli impegni della transizione ecologica? Proprio questo è il momento delle decisioni nette. E lo è anche a livello nazionale: mentre si profila il decreto Aiuti ter, si pone infatti l’esigenza di una definitiva chiarezza sul Superbonus, rispondendo alle attese di imprese in difficoltà e famiglie. Ciò vale anche per lo scostamento di bilancio che quasi tutti vedono attuabile come extrema ratio, ma senza precisare quale sarebbe la situazione estrema che impone la decisione: insomma, solo belle parole per salvare capre e cavoli. 


Del pari, sugli extra-profitti si tarda a imboccare la strada dei criteri indicati dalla Consulta nel 2015 a proposito della Robin Tax - relatrice Marta Cartabia, allora giudice della Corte - per la legittimità di una tale misura. Tutte incertezze e ritardi gravi di cui ora, a livello europeo e nazionale, non vi sarebbe proprio bisogno.

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