Gianfranco Viesti
Gianfranco Viesti

Il nodo dei divari/ I fondi Ue e la richiesta dell’Italia a due velocità

di Gianfranco Viesti
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Martedì 1 Agosto 2023, 23:55

Il governo sta predisponendo l’integrazione al Pnrr in base alla nuova iniziativa europea RePowerEu, conseguente alla crisi ucraina. L’indirizzo finora espresso è quello di destinare incentivi alle imprese per la transizione energetica, con particolare riferimento al possibile ruolo delle aziende partecipate dallo Stato, dall’Enel all’Eni. Può essere un’occasione preziosa per rimediare ad una delle storture più evidenti nell’attuazione del Piano: lo scarso potenziamento dell’apparato produttivo del Centro-Sud.
La localizzazione territoriale finora emersa del totale degli investimenti del Piano pare sinora abbastanza equilibrata; sembra rispettato il vincolo di legge del 40% dei fondi al Sud; le regioni del Centro hanno un buon rapporto fra stanziamenti e popolazione. 

Tuttavia, se si scende dal totale alle singole voci, emerge un rilevantissimo problema. Il Pnrr rappresenta principalmente un grande stimolo di domanda pubblica: ma se non si rafforza contemporaneamente la capacità di offerta dei territori, la sua attuazione non può che comportare l’attivazione di importazioni dalle regioni più forti e dall’estero. 

Se non si potenzia la capacità produttiva, specie collegata alle grandi transizioni verde e digitale, l’effetto macroeconomico di lungo periodo del Pnrr in quei territori diventa assai più modesto. Che cosa sappiamo a riguardo? Le risorse destinate dal Pnrr e dal Piano Complementare al sostegno del sistema delle imprese sono davvero notevoli: si tratta di circa 36 miliardi. Tuttavia, metà di queste risorse sono state attribuite agli sgravi fiscali collegati alle misure di Industria 4.0 per la digitalizzazione. Il Ministro dell’epoca non ha inteso collegare a queste erogazioni nessun vincolo territoriale: gli incentivi vanno dove c’è richiesta. Ma come ben sappiamo, le erogazioni connesse a Industria 4.0 sono fortemente concentrate al Nord, e in particolare in Veneto, Lombardia e Emilia-Romagna: perché lì sono più presenti imprese di maggiore dimensione e specializzate nei settori che maggiormente adottano quelle tecnologie, come mostrato da diversi studi (si veda ad esempio Cirillo e altri su Sinappsi, 2021). Questa misura tende quindi a polarizzare ulteriormente la capacità produttiva italiana, accentuando i divari territoriali. Va necessariamente affiancata dagli altri interventi, volti maggiormente a creare nuova capacità produttiva tramite ad esempio i contratti di sviluppo, che dovrebbero essere fortemente indirizzati al Centro-Sud.

Ma così non è. Il Ministro dell’epoca, con decisione assai discutibile, si è limitato ad applicare la clausola del 40% a queste misure. E dunque quello che sappiamo dal monitoraggio ufficiale del Dipartimento per le Politiche di Coesione è che solo il 20% del totale degli interventi a favore delle imprese va al Sud. Non abbiamo dati sul Centro. Il rischio di ulteriore polarizzazione è dunque notevole

Approfittando anche della revisione di agosto, sarebbero dunque opportuni due chiari interventi del Governo. Il primo sulle misure già nel Piano, dando a Invitalia l’indirizzo politico di favorire prioritariamente il finanziamento di contratti di sviluppo e di filiera per nuova capacità produttiva al Centro-Sud. Il secondo, per i nuovi investimenti strategici del RePowerEu, specie delle partecipate pubbliche, individuandone direttamente la localizzazione al Centro-Sud. Per la transizione energetica questo sarebbe assai opportuno, anche per una motivazione di grande rilevanza, Per la prima volta nella storia del paese, la dotazione di risorse naturali e ambientali non privilegia il Nord. L’industria italiana è nata e cresciuta molto più lì per la disponibilità di acqua, l’esistenza di una vasta pianura, la vicinanza dei mercati europei. Ma la nuova produzione energetica sarà prioritariamente al Centro-Sud, anche grazie a sole e vento. Ed è lì che può, e dovrebbe, essere localizzata e concentrata l’attività di impresa nei manufatti, componenti e tecnologie che servono per le nuove energie e la transizione verde. L’esempio chiarissimo, molto positivo, è il grande ampliamento in corso dello stabilimento Enel di Catania per la produzione di pannelli solari. Ma lo stesso vale per altri aspetti della transizione verde, come il nuovo stabilimento Iveco di Foggia per i bus elettrici, o per l’ipotesi di giga-factory delle batterie a Termoli.
La discontinuità tecnologica slega, in larga misura, la localizzazione delle nuove attività da quelle preesistenti. Un’occasione straordinaria per rafforzare complessivamente il paese, che il Governo dovrebbe assolutamente fare propria.

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