Carlo Nordio
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Non solo sfratti/ Le ragioni dei litiganti e la giustizia che non c’è

di Carlo Nordio
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Mercoledì 20 Ottobre 2021, 00:28 - Ultimo aggiornamento: 01:12

Con una sentenza che dovrebbe essere depositata oggi, la Corte Costituzionale si prepara a dichiarare se sono o meno legittime le disposizioni del cosiddetto Decreto sostegni e delle altre disposizioni che sospendevano l’esecuzione degli sfratti. I dubbi di legittimità erano stati sollevati dai giudici dei tribunali di Trieste e di Savona, secondo i quali la legge non tiene conto delle situazioni particolari in cui versano creditore e debitore, e può risolversi, vista anche la durata dei nostri processi, in una vera e propria espropriazione senza giusta causa e senza indennizzo. Detto in termini concreti e accessibili, una cosa è trovarsi senza lavoro a causa del lockdown e non poter pagare l’affitto, un’ altra è godere di un reddito fisso e approfittare della pandemia per sottrarsi all’obbligo verso il proprietario.

Georg Friedrich Hegel, il più oscuro e quindi il più famoso dei filosofi, inciampando occasionalmente nella chiarezza, disse una volta cosa molto saggia: che i drammi della storia non nascono quando una parte ha ragione e una ha torto, ma quando hanno ragione tutte e due. Orbene, nel rapporto conflittuale tra locatore e locatario spesso entrambi invocano buoni motivi. E’ da tempo superato il pregiudizio che il primo sia un esattore nullafacente e rapace, che sfrutta una ricchezza accumulata a danno del secondo, tapino e nullatenente. La realtà ci dimostra che, accanto a società immobiliari spregiudicate e accaparratrici, esistono piccoli proprietari che integrano il modesto reddito o la misera pensione con gli affitti di appartamentini o negozietti acquistati con i risparmi o con la liquidazione.

Parallelamente, accanto a indigenti che arrivano a malapena a fine mese e rischiano, se sfrattati, di finire sotto i ponti, esistono benestanti, magari possessori di seconde case di villeggiatura, che approfittano di questa normativa per evitare l’adempimento degli obblighi contrattuali.

Ragionevolezza vuole che sia il giudice a valutare la situazione concreta, contemperando i due princìpi, parimenti sacrosanti, della proprietà e della solidarietà sociale. Nondimeno, essendo il magistrato vincolato al rispetto della norma, sta al legislatore devolvergli questa discrezionalità che deve ispirarsi a saggezza e prudenza, senza sconfinare nell’arbitrio o nel pregiudizio. E naturalmente sta alla Consulta decidere se queste reiterate proroghe disposte con provvedimenti emergenziali siano o meno conformi ai principi della Costituzione.

Per la verità, la Corte si era già espressa nel giugno scorso, dichiarando illegittima la sospensione generalizzata di tutti i processi esecutivi aventi ad oggetto l’abitazione principale del debitore esecutato, disposta da una legge del 2020, proprio perché non faceva alcuna discriminazione tra chi versava in oggettivo stato di bisogno e chi invece non era “interessato da disagio abitativo”. Erano rilievi già espressi in altre occasioni, ma il governo aveva continuato imperterrito nelle reiterazioni, non si sa se per indifferenza verso il dettato della Corte, o per demagogia populista, o per presunta convenienza elettorale, o per tutte le cose insieme. Resta la questione principale: la lunghezza delle cause civili.

Se la riforma della ministra Cartabia seguirà i princìpi adottati per quella del processo penale, saremo sulla buona strada. In ogni caso vale sempre l’insegnamento di Platone, che è meglio una legge cattiva e un giudice saggio, piuttosto del contrario.

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