Paolo Graldi
Paolo Graldi

La roulette russa di chi attraversa le strade di Roma

La roulette russa di chi attraversa le strade di Roma
di Paolo Graldi
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Giovedì 17 Ottobre 2019, 01:15
«Prendi l’autobus, così viaggi sicuro e arrivi puntuale». Quante volte, nel passato, le mamme raccomandavano ai figli il mezzo pubblico? Sempre. Perché è economico, affidabile, sicuro, si diceva.

Oggi quel consiglio avrebbe il suono della beffa. 
Spostarsi in autobus a Roma, oggi, anche quando è indispensabile e inevitabile, è come scommettere a una specie di roulette russa, una sfida quasi temeraria, un gioco alla lotteria del rischio o per lo meno a quella del disagio in agguato.

 
L’inchiesta della magistratura e anche quella interna dell’Atac ci diranno che cosa è davvero accaduto ieri mattina in via Cassia, angolo via Olevano Romano. Le ipotesi sul tremendo schianto e il conseguente ferimento di quaranta passeggeri, alcuni dei quali in gravi condizioni anche se nessuno è per fortuna in pericolo di vita, sono diverse e la ricostruzione dell’accaduto, fotogramma per fotogramma, non è ancora convincente. Non può dirsi completa. 

Si fa strada l’ipotesi di una malauguratissima distrazione dell’autista: il suo cellulare è sotto il controllo degli specialisti. Si verifica se fosse in linea nel momento in cui il mezzo è andato a sbattere con estrema violenza contro un albero, un gigantesco pino, poi abbattuto. Negativo l’esito dell’alcol test e nessuna traccia di droga nel sangue. Scartata dunque la possibilità più grave e preoccupante. Ampio il ventaglio delle altre ipotesi. Il mezzo, apparentemente in buone condizioni aveva tuttavia sulle ruote quindici lunghi anni di servizio, migliaia e migliaia di chilometri: ha ceduto qualche sua parte? I freni, per esempio? Discordi le testimonianze sulla velocità in quel momento: andava piano, procedeva normalmente, no teneva una velocità sostenuta. 


Sarà dunque eseguita una sorta di autopsia della meccanica dell’autobus della linea 301 e sarà decisivo individuare con certezza che cosa sia davvero accaduto in quegli attimi che potevano trasformarsi, e c’è mancato pochissimo, in una tragedia con molte vittime. 
Neanche da dire del disagio che si è allargato a macchia d’olio interessando ben presto la vasta area di Roma Nord. Disagi ai quali è difficile fare l’abitudine, nonostante la frequenza con la quale colpiscono l’intera viabilità.
Non ci sarebbe motivo di strologare se l’episodio non si inserisse di prepotenza in una sequenza di fatti che hanno avuto al centro l’Atac, i suoi mezzi, la qualità del servizio, le vicende anche di piccola criminalità che punteggiano quotidianamente la vasta rete del trasporto urbano. 

Una notizia di ieri, segnalata da un quotidiano, riferiva che sulla linea A della Metropolitana vengono compiuti ventidue borseggi al giorno, ottomila l’anno. Una pratica, quella di infilare lestamente le mani nelle tasche o nelle borsette, che non si riesce a debellare e che rende ogni viaggio, specie di sera o peggio di notte, un’autentica avventura verso l’ignoto. I controlli non rappresentano un deterrente apprezzato dai ladri. 
Restano negli annali, aggiornate ogni settimana, le immagini di mezzi che prendono fuoco anche in via centralissime: le fiamme alimentano uno spettacolo di progressiva perdita di fiducia, che sconfina nel timore di acquistare un biglietto di viaggio che avrebbe bisogno dell’assicurazione antincendio incorporata. 
E’ la grande massa degli autobus a fine carriera, esausti, malridotti nonostante le consistenti immissioni di nuovi convogli, più propagandate (più bus per Roma) che fa covare i guasti e all’improvviso manda in arrosto motori e abitacoli. 

C’è poi il capitolo della sicurezza. Con preoccupante frequenza gli stessi autisti sono fatti oggetto di atti di violenza, sfide di ragazzotti esaltati dalle dinamiche del branco ma anche di persone sole, aggressive, che si ribellano ai controlli. 
L’Atac, per la quale si discute ai piani alti del Campidoglio se sia il caso di privatizzarla o, comunque, di come portarla a standard accettabili, resta una malata grave sul fronte disgraziato dei servizi ai cittadini della Capitale. 
Non ancora malata quanto l’Ama, l’altra grande municipalizzata che non sa più dove portare i rifiuti e allora li lascia accanto ai cassonetti stracolmi: e, tuttavia, la strada per farle concorrenza è aperta. E’ la strada, nelle sue diverse accezioni, che soffre e fa soffrire, aggredita com’è dai malanni della cattiva gestione: peggiorano senza dar segni di migliorare. Forse è proprio perché mancano le soluzioni che la strada è divenuta l’incubo che attraversa il vivere quotidiano di questa Capitale.
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