La terza rata del Piano nazionale di ripresa e resilienza arriverà, ha detto ieri, a Trento, il commissario Ue Paolo Gentiloni, rassicurante. Il Piano è fondamentale non solo perché, come ha tenuto a sottolineare Gentiloni, l’Italia è il Paese che ha ricevuto il numero maggiore di fondi, ma soprattutto perché l’attuazione è essenziale per il suo futuro. In questo senso, giustamente vale non tanto denunciare ritardi nella realizzazione del Piano, bensì evitarli. Ma, a questo fine, occorre una stretta cooperazione tra l’Italia e la Commissione europea. Vi sono progetti non più attuali; altri che potrebbero avere bisogno di revisioni. La relativa sistemazione e altre eventuali misure correttive, così come il rafforzamento, sottolineato a Bruxelles, della governance a livello centrale e sub-nazionale, che pure è stata in parte migliorata, si impongono per forza di cose, partendo comunque dal presupposto, sicuramente condivisibile, di non voler rinunciare, da parte del governo, a un centesimo delle risorse assegnate.
La tesi opposta, quella appunto della parziale restituzione, avrebbe la conseguenza della perdita di credibilità e graverebbe come un macigno su di noi quando parlassimo di Piano Marshall, di messa in comune dei debiti o dei rischi a livello comunitario, di collettivizzazioni varie. E’ dunque una prova fondamentale, non affatto facile per il governo, ma lo è anche per la Commissione che non certo può limitarsi a un ruolo di controllore, ma dovrà coadiuvare nella ricerca delle più adeguate soluzioni applicative delle regole vigenti, a cominciare dalle conseguenze dell’accennato annullamento dei progetti ormai superati a causa del troppo tempo trascorso.
Impresa, lavoro, riconversioni nelle diverse accezioni, ormai ineludibili, attendono una risposta rassicurante sul Piano, non solo da Roma. Il contesto resta eccezionalmente pesante, tra inflazione, guerra contro l’Ucraina, crisi energetica, postumi della pandemia, nuove difficoltà geopolitiche, tragedia del cataclisma in Emilia-Romagna. Va al di là delle forze di un singolo Stato. Il Piano può costituire la luce e suscitare e realizzare speranze di progresso. Ma sarebbe necessaria pure una estesa convergenza nel Paese, tra forze politiche, economiche e sociali per cogliere un’occasione irripetibile. Per tutti varrà il giudizio dei fatti.
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