Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

Regole da rivedere / L’occasione da cogliere per il patto sulla crescita

di Angelo De Mattia
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Giovedì 10 Novembre 2022, 00:06

Non si tratta di una riforma strutturale, ma di una manutenzione straordinaria. Con le modifiche prospettate ieri dalla Commissione Ue, il “Patto di stabilità” non diventa automaticamente intelligente, ribaltando la definizione di stupidità a suo tempo data da Romano Prodi; semmai potrà sembrare astuto, perché di fatto finisce con l’aumentare i poteri d’intervento di Bruxelles. Per ora non è comunque facile vedere come si riesca contestualmente a sostenere la crescita, a migliorare la sostenibilità del debito e a valorizzare l’autonomia e la connessa responsabilità dei partner comunitari nella conduzione della politica economica. 
Il fatto è che tra l’ipotesi di rivedere sostanzialmente le regole, oggettive e predeterminate, e spostare l’equilibrio sulla discrezionalità della Commissione, accrescendola, è quest’ultima scelta che prevale con tutto quel che ne segue in termini di potere di controllo sull’azione di finanza pubblica degli Stati. Il rischio è che lo stesso soggetto crei di volta in volta la norma e ne controlli l’applicazione, sommando due poteri che debbono rimanere, invece, separati e distinti. 
Alla fine la regola rigida, sia pure corretta da qualche eccezione, tutela maggiormente chi viene considerato deviante dagli obiettivi, di quanto invece lo faccia il potere discrezionale di un organo sulla base di negoziati condizionati dalla forza del Paese “contraente”. 
Non bisogna poi dimenticare che il Patto non è un’alchimia economico-istituzionale lontana dagli interessi dei cittadini. Esso, invece, regolamentando le politiche dei governi sia pure nel modo accennato, incide eccome sul quotidiano dei cittadini. Il “primum movens” del cambiamento proposto riguarda l’indicatore della spesa pubblica primaria al netto degli interessi: ciò serve a valutare i piani strutturali del debito che dovranno essere predisposti dai singoli Paesi per l’aggiustamento dei conti in quattro anni (che possono essere estesi a sette) con l’indicazione delle riforme e delle misure per il conseguimento dell’obiettivo.
Come si incida sulla spesa, come si valuti il percorso di aggiustamento che i Paesi sottoporranno annualmente alla Commissione, come si esamini in dettaglio il percorso del debito - dopo che opportunamente si propone l’abrogazione della norma sulla riduzione annuale del ventesimo della parte eccedente il 60% del Pil - costituiscono un punto interrogativo che forse si vuol fare accogliere in nome di una maggiore flessibilità e della deflazione delle regole che però ha le conseguenze che abbiamo accennate. 
Per ora, ad eccezione di quanto si è detto per la norma sul “ventesimo”, non è chiaro quel che ne sarà del Fiscal compact (e del “Two pack” e del “Six pack”) che vertono ugualmente sulla materia dei conti pubblici.
Sicché, a una prima valutazione delle modifiche proposte, le ombre prevalgono nettamente sulle luci, ma per ragioni oggettive, indipendenti dalla condizione in cui un Paese si trova. Si auspica perciò un’azione del governo volta a una revisione della proposta, avendo presente che la nuova disciplina entrerà in vigore nel gennaio 2024, mentre per l’intero anno prossimo il Patto del 1997 resta sospeso. 
A proposito di quest’ultimo, autorevoli giuristi hanno più volte evidenziato il conflitto con i Trattati fondativi. Sarebbe questo il momento per sanare il contrasto e, nel contempo, utilizzare gli altri strumenti ipotizzati per una Unione concreta, a cominciare dalla collettivizzazione dei debiti che aiuterebbe la sostenibilità dei conti, abbandonando al contempo l’idea di alcuni Stati di attribuire pure ai titoli di Stato un coefficiente di rischio. 
Tutto si tiene, se si ha di mira il bene comune dell’Unione Europea e si rispetta il cardine costituito dal principio di sussidiarietà che è alla base dei Trattati di Roma.

Ed è persino possibile una vera riforma, capace di trasformare un ormai obsoleto Patto di stabilità in un realistico e proficuo “Patto di crescita e stabilità”.

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